Il cactus non ha colpa di Roberta Marcaccio, Ed. CaRoL Books

La verità è che il destino sa quando è ora di cambiare rotta, spingere sull’acceleratore e virare bruscamente.

Questa è solo una delle tante frasi del libro di Roberta Marcaccio che mi hanno colpita e mi hanno fatta riflettere su come possa, la vita, cambiare improvvisamente e portarti molto lontano da dove credevi (o speravi) di arrivare.

Spesso, nonostante l’impegno profuso in ciò che si fa, nonostante la forza di carattere ed i sacrifici affrontati, ci si ritrova ugualmente a dover ripartire da zero e, soprattutto quando ci si è creduto tanto, il dolore e il senso di fallimento possono diventare paralizzanti.

Il cactus non ha colpa, nonostante il titolo spiritoso, è un romanzo intenso e toccante che in modo fresco, ma mai superficiale né pesante, racconta la storia di una rinascita.

La sensazione quasi immediata che ho avuto, leggendolo, è che l’autrice – nonostante i dovuti “ogni riferimento è puramente casuale” – abbia comunque attinto all’esperienza personale, perché la precisione nel descrivere situazioni lavorative e anche (o dovrei dire, soprattutto) il senso di frustrazione, amarezza e delusione per gli eventi narrati, sono talmente reali che al lettore sembra di viverli sulla propria pelle! Quanto ho odiato… Ah no, niente nomi, scusate, non posso svelarvi nulla!

Ho apprezzato questo libro per tanti motivi: per lo stile narrativo veloce e fluido con cui gli eventi vengono descritti, che trasmette benissimo la sensazione di vita frenetica di Rebecca, sempre di corsa e con la valigia pronta, per la precisione nel descrivere le emozioni che, ribadisco, sono realistiche e per nulla forzate; per la buona caratterizzazione dei personaggi, perché oltre alla protagonista, anche gli altri sono ben curati e hanno una propria personalità.

Ho amato, inoltre, il legame di amicizia con Ilaria ed il supporto ricevuto dalle due colleghe, Vincenza e Susanna, supporto che non sempre è scontato, nella realtà. Forse l’unica cosa che non ho condiviso interamente, è la lista delle priorità della protagonista, ma non si può negare che abbia avuto una costanza ed una coerenza encomiabili.

Un romanzo da leggere, che comincia dalla fine per poi ripartire, un po’ come la storia che racconta: la fine è l’inizio di ogni cosa! Disponibile su Amazon.

Heidi. Nessuna stella deve morire di Roberta Marcaccio, Ed. CaRoL Books

𝘌 𝘪𝘯 𝘮𝘦𝘻𝘻𝘰 𝘢 𝘲𝘶𝘦𝘴𝘵𝘰 𝘮𝘢𝘳𝘦
𝘤𝘦𝘳𝘤𝘩𝘦𝘳ò 𝘥𝘪 𝘴𝘤𝘰𝘱𝘳𝘪𝘳𝘦 𝘲𝘶𝘢𝘭𝘦 𝘴𝘵𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘴𝘦𝘪,
𝘱𝘦𝘳𝘤𝘩é 𝘮𝘪 𝘱𝘦𝘳𝘥𝘦𝘳𝘦𝘪
𝘴𝘦 𝘥𝘰𝘷𝘦𝘴𝘴𝘪 𝘤𝘢𝘱𝘪𝘳𝘦 𝘤𝘩𝘦 𝘴𝘵𝘢𝘯𝘰𝘵𝘵𝘦 𝘯𝘰𝘯 𝘤𝘪 𝘴𝘦𝘪…

Alpe di Siusi, è in questa splendida cornice che prende il via la storia di Johanna e Barbara, dello zio Hubert e di Christian, gli ultimi protagonisti nati dalla penna di Roberta Marcaccio.

Johanna e Barbara sono ancora bambine quando un tragico incidente si porta via i genitori e ne stravolge la vita. Affidate allo zio, si trasferiranno a vivere nella sua baita dove conosceranno Christian. In mezzo ai monti, le loro esistenze prenderanno un nuovo corso. Avremo modo di conoscerli, di veder crescere i ragazzi e di accompagnarli nel loro percorso, di assistere ai dubbi di Hubert e alle seconde possibilità, di condividere gli amori, le gioie, le delusioni, le paure e le speranze di ciascuno di loro.

𝘏𝘦𝘪𝘥𝘪 è una storia di crescita, non solo fisica, ma soprattutto di maturazione personale, che riguarda tutti, giovani e adulti. È una storia che ci mostra la difficoltà dei ragazzi di perseguire la strada desiderata – che non è detto che sia quella giusta – ma anche di vedere un uomo maturo e responsabile preoccupato dagli eventi inattesi che lo coinvolgono e lo portano a rimettersi in gioco in ogni campo.

L’amore è l’altro grande protagonista di questo romanzo, un amore a tutto tondo: verso i familiari, i partner e gli amici. Un sentimento mai sdolcinato ma che scalda il cuore e fa desiderare di essere in quella baita, con tutti loro, ad assistere a una sfida culinaria.

Heidi e gli altri libri dell’autrice sono disponibili su Amazon.

Intervista a Roberta Marcaccio

Buon pomeriggio, oggi voglio presentarvi un’autrice che ha al suo attivo diversi romanzi (vi ho già parlato di Il cactus non ha colpa) e alcune raccolte di racconti.

Da pochi giorni è stato pubblicato Profumo di camelia, che contiene otto racconti ispirati ad altrettante favole. La curiosità di saperne di più ha portato a questa intervista.

Tutti i libri di Roberta sono disponibili su Amazon.

Una raccolta di racconti ispirati alle favole. Com’è nata questa idea?

Ti ringrazio per questa domanda, ci tenevo a parlarne.
La genesi è molto semplice: dovevo scrivere otto racconti e mi serviva un filo che li unisse. Ho trascorso alcuni giorni in attesa di una risposta e la soluzione è stata otto favole. In realtà l’idea ha radici più lontane. Sono anni che sento il bisogno di usare le favole per i miei racconti o romanzi e Bakemono Lab mi ha servito l’occasione su un vassoio d’oro.

Qual è il racconto che ti ha maggiormente coinvolta, che senti più tuo?

Quello che mi ha coinvolta maggiormente è Ti sarebbe piaciuta, Claudia!. La storia di Nina è in parte vera, è un pezzetto della vita dei miei nonni materni e di conseguenza di mia mamma. Le storie che parlano di guerra mi coinvolgono in prima persona, sono le storie che mia nonna ha vissuto mentre portava mia mamma nella pancia e ha trasmesso tramite il codice genetico a tutti noi. Di Nina amo la sua capacità di narrare storie (la stessa qualità che aveva mia nonna e che ha tramandato poi a mia mamma), mentre di Luigi adoro la leggerezza (che non significa superficialità), tipica di mio nonno.

In base a cosa hai scelto certe favole e non altre?

Ho scelto le favole della mia infanzia. Quelle che ho amato leggere e su cui ho sognato. E una buona parte di queste le ho imparate a memoria con i film della Disney che i miei figli guardavano a ripetizione.
Ne ho amata una in particolare: La piccola fiammiferaia. Una storia tristissima (ma quale favola non lo è?), ambientata a Milano nella notte di Capodanno. Vita vive una vita diversa, ai margini, le persone le passano accanto senza accorgersi di lei o la schifano. I ricordi però hanno il potere di scaldarle il cuore.
Le favole fanno commuovere o sorridere e sono un condensato di emozioni e sentimenti. È questo il motivo per cui le ho scelte e spero che i miei racconti facciano commuovere o sorridere come le storie a cui si ispirano.

All’attivo hai altri racconti e tanti romanzi. Quale dimensione senti più tua?

Sono due tessuti narrativi totalmente diversi, ma entrambi affascinanti. Farei fatica a scegliere. Mi sento a mio agio con le storie brevi, dove per brevità non si intende accorciare e neanche omettere – il racconto è una giornata, un’ora, una situazione di cui non va tralasciato nulla – e la considero una bella palestra di scrittura. D’altro canto amo scrivere i romanzi; immergermi nella vita dei protagonisti, seguirli, farli crescere… è come avere altri bambini (o adulti) da accudire.

Come nasce un tuo libro? Qual è la prima cosa che fai?

Parto dall’idea, che può essere improvvisa (come per Tranne il colore degli occhi) o meditata (Profumo di Camelia). Appena ho l’idea definisco il soggetto, nella pratica decido per sommi capi quale sarà la trama e il ruolo dei protagonisti. In questa fase prendo appunti disordinati di ogni tipo, dal taglio di capelli al colore degli edifici. Fisso anche il piano temporale su cui si snoderà la storia.
Lascio sedimentare e poi comincio a disegnare i personaggi, appuntandomi qualsiasi dettaglio mi possa servire oppure no. Ogni cosa. A questo punto riprendo in mano il piano temporale e lo specifico meglio. E per finire butto giù la trama capitolo per capitolo. Se ho bisogno di focalizzare persone, luoghi o situazioni, prendo carta e matita e produco schizzi orrendi che comprendo solo io.
Chiudo in un cassetto per qualche mese e nel frattempo ricerco e studio tutto ciò che mi può servire per la storia.
Quando sono pronta inizio la prima stesura.

Domanda secca: perché scrivi?

Risposta secca: perché è il mio desiderio da quando, ragazzina, giravo con un quaderno nello zaino su cui volevo scrivere un giallo. Sono sempre stata una lettrice accanita di gialli ma non ne ho mai scritti.
Da ragazza mi sono dedicata più alla lettura e ho dimenticato il mio sogno nel cassetto. Però ho sempre continuato a scrivere, soprattutto il diario.
Si sa che i sogni fanno giri immensi e poi ritornano (o erano gli amori?); il mio sogno è tornato da me a trent’anni e non l’ho lasciato andare più. Sai quando si accende la lampadina e all’improvviso comprendi tutto?
Ecco! A me è successo così.

Quali altre passioni hai, oltre alla scrittura?

Farei prima a dire quali non ho. Amo leggere, ovviamente, e studiare. Un paio d’anni fa mi sono iscritta alla scuola di naturopatia ed è stata un’esperienza meravigliosa.
Ho la passione per tutto ciò che è naturale, bio e homemade. Amo gli oli essenziali, i cristalli, i fiori di bach e australiani. Pratico il Reiki e il Pilates.
E, per rilassare la mente e ritrovare la calma, lavoro a uncinetto o ai ferri. A volte creo oggetti interessanti (bijoux, sciarpe, scaldacollo, berrette), altre invece faccio e disfo. Quello che conta è muovere le mani e zittire la mente.

Stai già lavorando ad altro? Puoi anticiparci qualcosa?

Sì, sto lavorando a due manoscritti.
Uno, senza anticipare troppo, vedrà la luce nei primi mesi del prossimo anno. È il primo romanzo che ho scritto e avevo deciso che non l’avrei mai pubblicato. Volevo cestinarlo. Poi qualcuno o qualcosa ha fatto sì che decidessi di rimetterci mano e sono davvero felice che abbia trovato un suo destino.
L’altro è nato lo scorso anno durante una vacanza in Trentino Alto Adige. Terminata la fase di beta reading, andrà all’editore. È stato un lavoro di scrittura interessante. Ho amato scriverlo e spero incontrerà il favore dei lettori.
Inoltre ho una storia pronta per la prima stesura (sono alla fase dello studio) più alcune idee per nuovi soggetti.

Multi-intervista a Roberta Marcaccio

La multi-intervista è un’idea nata su Instagram e si differenzia dall’intervista classica perché le domande arrivano da più persone (altri autori, lettori, semplici curiosi, ecc.). Maggiori dettagli sull’idea nel post dedicato.

Rebecca, la protagonista de “Il cactus non ha colpa” mi ha conquistata: hai pensato al suo personaggio in maniera totalmente autobiografica o c’è qualcosa in cui non ti assomiglia? C’è un lato del suo carattere che le “invidi”?

Rebecca è un personaggio inventato e come tale acquisisce alcune caratteristiche dell’autore oltre ad avere sue peculiarità personali. È difficile che l’autore non trasmetta nulla alle sue “creature”, donne o uomini che siano. Ho forzato la mano sulle priorità lavorative di Rebecca, anche se parecchi lettori hanno storto il naso. Era necessario alla storia che SoftGen e i ragazzi del suo team fossero il motivo per cui ogni giorno non vedeva l’ora di varcare la porta dell’ufficio. Le invidio la determinazione che io ho acquisito con anni di lavoro su me stessa, mentre lei l’ha sempre avuta.

Titoli molto suggestivi, li scegli tu o la casa editrice?

Grazie! Sono dell’idea che il titolo, la copertina e la quarta siano fondamentali per la scelta di un libro. Il titolo deve incuriosire a tal punto da costringere il lettore a comprarlo. Fino a ora li ho scelti io e devono avere una caratteristica ben precisa: il titolo deve essere una frase contenuta nel libro, scritta esattamente così com’è. Se non la trovo, modifico una frase fino a che non mi soddisfa. A quel punto diventa titolo.

Da dove è nata la tua passione?

Ha sonnecchiato per trent’anni. Poi un giorno ho scritto una lettera a un amico per raccontargli il mio ultimo periodo di vita. Mi sono emozionata, ho pianto e ho capito che volevo trasmettere quelle emozioni anche ad altre persone. Avevo sempre scritto per me: poesie, preghiere, diario, riflessioni. Da giovane, prima di addormentarmi, mi raccontavo le storie; immaginavo le scene, i personaggi, i loro visi e le espressioni. Era il mio modo di rilassarmi. E da ragazzina giravo con un quaderno nello zaino su cui volevo scrivere un giallo. Ero una fan di Ellery Queen e lo sono tutt’ora. Amo ancora i gialli e spero un giorno di scriverne uno.

Quanto è difficile trovare una storia originale al giorno d’oggi che è stato scritto di tutto?

Ricordo molto bene le parole di uno dei miei maestri di scrittura: Scrivi se hai una storia da raccontare. E questo per me è l’unico dogma fondamentale. Non mi preoccupo che sia originale o no e non cerco di scrivere qualcosa che non rientra nel mio genere solo perché è più commerciale e vendibile. C’è chi lo fa. Il mio desiderio è quello di consegnare al lettore una storia densa di significato. Amo leggere libri che mi facciano riflettere e cerco di fare lo stesso quando scrivo. È un po’ come per la musica. Con sette note è stato scritto di tutto. Serve altra nuova musica? Sì, eccome se serve.

Che lettrice sei? Che ritmi e abitudini hai come scrittrice?

Sono una lettrice onnivora, bipolare e spietata. Retaggio della formazione che ho ricevuto dai miei maestri. Adoro leggere più che scrivere e come lettrice sono un editor esigente e drastica: quello che leggo mi deve coinvolgere e deve essere scritto bene. Mi infastidisco davanti a una storia narrata male e scorretta grammaticalmente. E non riesco a leggere solo per piacere, ma noto tutte le stonature e le imprecisioni. Lo so sono tremenda e mi aspetto che gli altri lo facciano con me.Quando lavoro a un libro leggo tutto quello che mi può servire per la storia.Come scrittrice sono maturata molto, sia nella forma che nella gestione del lavoro. Ho un modus operandi mio, consolidato nel tempo e diventato uno stile di vita. Non riesco ancora a definirmi scrittrice, ma se lo sono, lo sono 24 ore al giorno e 365 giorni all’anno. Scrivere non è sono imbrattare un foglio di carta.

Dove prendi ispirazione per le storie? Le crei viaggiando con la mente o prendendo spunto dalla vita quotidiana?

L’idea che accende la lampadina può essere una notizia ascoltata al telegiornale, il racconto di un amico o un evento accaduto all’autore. Tra l’idea semplice di partenza e il romanzo finito c’è, in mezzo, un mestiere meticoloso e accurato che rende insignificante il “da dove nasce”. Ciò che la arricchisce è il vero lavoro di scrittura. E lo scrittore è un artigiano. Parto da quell’idea e lavoro di fantasia e ricerche fino a costruire l’embrione: un quadro composto da trama, personaggi, schede temporali, ambientazione. Detto questo le ispirazioni le prendo banalmente dalla vita, ma è il processo creativo che ne consegue a renderle originali.

Noto che sforni un libro dopo l’altro, non è che hai come insegnante Stephen King? Stai lavorando a nuovi romanzi?

Ahahah! Grazie. Sarebbe stato bellissimo, avere Stephen King come insegnante. Ho divorato il suo ON Writing e in un certo senso posso noverarlo tra i miei maestri, ma non ho la pretesa di essere come lui, tutt’altro. I miei romanzi sono il frutto di anni di lavoro. Ho iniziato a pubblicare nel 2016 con TRANNE IL COLORE DEGLI OCCHI, TI RAGGIUNGO IN PAKISTAN nel 2017, IL CACTUS NON HA COLPA e C’È POCO DA RIDERE nel 2021 e nel 2022 un dolcissimo racconto nell’antologia DOLCEZZA TRA LE RIGHE, edita da Triskell Ed. Attualmente sto lavorando a tre progetti: un woman fiction in uscita tra qualche mese per Triskell Edizioni (nome in codice: ROSA E MICHELE); una storia in seconda stesura (nome in codice: HEIDI), attualmente in mano alle mie readers – l’idea di Heidi è nata durante l’ultima vacanza in montagna; infine una storia corale molto emozionante (nome in codice: GRIMILDE), di cui non aggiungo altro.

Ho sentito alcuni scrittori che iniziano a scrivere un libro dal finale, tu come parti?

Parto dall’idea e costruisco tutto il canovaccio senza trascurare alcun dettaglio, arricchendolo di tutto il necessario. Nel canovaccio definisco la trama dettagliata e abbozzo un finale. Durante la stesura, la trama cambia, si infittisce, si colora e si arricchisce. La storia, alla fine, non è mai quella che avevo immaginato, si costruisce passo dopo passo. La caratterizzazione dei personaggi è in divenire, crescono e maturano al mio fianco, hanno una loro vita e la vogliono vivere. Il senso della storia è svelato solo dopo la parola fine. E anche il finale lo scopro mentre pigio sui tasti. Se progettassi partendo dal finale, cambierebbe sicuramente strada facendo. Poi mi è capitato di strutturare un romanzo iniziando dalla fine: il primo capitolo era la fine (quasi) della storia e dal secondo capitolo si tornava indietro per raccontarla tutta.

Quali sono gli elementi che ritieni siano stati indispensabili nella tua maturazione come scrittrice?

Gli insegnamenti di Carla e Michele, i miei maestri, a cui devo tutto. E le critiche e il confronto con altri autori; nominarli tutti sarebbe impossibile ma loro sanno chi sono. Amo approfondire le mie passioni. Ho riconosciuto le prime “schifezze” scritte e ho lavorato tanto per migliorarmi. Ho seguito i consigli, mi sono allenata, ho fatto mie alcune regole di stile diventate imprescindibili. Che non vuol dire che sono perfetta e non sbaglio, ma che mi metto in discussione ogni volta. E che li pubblichi con una casa editrice o in self, i miei romanzi non escono se non dopo un editing accurato eseguito da un professionista e da più di un parere esterno.

Tranne il colore degli occhi di Roberta Marcaccio, Ed. CaRoL Books

Ho avuto il piacere di conoscere Roberta Marcaccio con Il cactus non ha colpa, che avevo apprezzato tanto. Mi sono quindi accostata a questo nuovo libro con la curiosità di vedere se, anche stavolta, i suoi personaggi mi avrebbero conquistata. La risposta è si! Devo dire anzi che, personalmente, questo l’ho trovato ancora più bello.

L’autrice continua a dimostrare un’attenzione particolare verso le donne, una profonda conoscenza dei loro sentimenti e, soprattutto, una grande empatia nel percepirne e descriverne le emozioni.

La Marcaccio ci parla di Michela e Annamaria. La storia si snoda con un intreccio intenso tra presente e passato, che racchiude le vicende salienti di due intere vite – dalla fanciullezza all’età adulta – in un libro agile e avvincente, che unisce atmosfere da saga familiare alla fluidità di un romanzo di poco più di duecento pagine.

Cosa legava tanto le due donne? E perché si sono allontanate? C’è modo di ritrovarsi?

È la storia di un’amicizia senza tempo, una di quelle amicizie in cui gli anni e le distanze non contano. Delicato, toccante, coinvolgente fin dalle prime righe, quelle che ci mostrano un padre che, a mezzanotte e sotto la neve, esce con la sua piccola bimba alla ricerca di risposte.

Riuscirà a trovarle e a recuperare la serenità? Provate a scoprirlo.

Il libro è disponibile su Amazon.

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