Corpi mobili di Jane Sautière, Ed. La Nuova Frontiera

Corpi mobili di Jane Sautière

…all’angolo dell’occhio destro compaiono alcune macchie nere. […] Cerco di fissare quel piccolo arcipelago che si sposta a ogni movimento dell’occhio. Verrò a sapere che sono frammenti della membrana vitrea. […]  Scoprirò più avanti che si possono chiamare anche “spettri”. Vedo l’ombra – inafferrabile – di quei corpi mobili  […] che hanno abitato la mia esistenza e che dimorano presenti e irreali.

Poche parole che racchiudono un libro e parte di una vita, quella dell’autrice e dei tre anni trascorsi, durante l’adolescenza, in Cambogia.

Ormai avanti con gli anni, la Sautière, sull’onda di quello strano disturbo visivo dei corpi mobili –  corpuscoli in movimento davanti agli occhi – torna a rievocare persone, luoghi e situazioni lontane nel tempo, sulle quali non si soffermava da tanto. Lo fa con riflessioni del tutto nuove, derivanti dalla distanza temporale e anche da un’età e una consapevolezza diverse.

Evocativo, a tratti poetico, in altri momenti crudo ma sempre molto vivido nelle descrizioni, il libro è quasi un diario in cui gli episodi si susseguono in ordine sparso. Sono ricordi, sprazzi di vita che spaziano dalle passeggiate al mercato al rapporto con la madre, dagli amori giovani alla guerra, dalle prime sigarette alla figura di Bophana, giovane donna divenuta il simbolo del genocidio attuato dagli khmer rossi.

Una narrazione quasi intima, che la Sautière fa più che altro per se stessa, per ricordare e riconoscere il giusto peso ad avvenimenti e persone che, magari per la giovane età che aveva all’epoca, non aveva tributato. Lo trovate su Amazon.

Il tarlo di Layla Martínez, Ed. La Nuova Frontiera

𝘘𝘶𝘢𝘯𝘥𝘰 𝘩𝘰 𝘷𝘢𝘳𝘤𝘢𝘵𝘰 𝘭𝘢 𝘴𝘰𝘨𝘭𝘪𝘢, 𝘭𝘢 𝘤𝘢𝘴𝘢 𝘮𝘪 è 𝘴𝘢𝘭𝘵𝘢𝘵𝘢 𝘢𝘥𝘥𝘰𝘴𝘴𝘰. 𝘚𝘶𝘤𝘤𝘦𝘥𝘦 𝘴𝘦𝘮𝘱𝘳𝘦 𝘤𝘰𝘯 𝘲𝘶𝘦𝘴𝘵𝘰 𝘤𝘶𝘮𝘶𝘭𝘰 𝘥𝘪 𝘮𝘢𝘵𝘵𝘰𝘯𝘪 𝘦 𝘴𝘱𝘰𝘳𝘤𝘪𝘻𝘪𝘢, 𝘱𝘪𝘰𝘮𝘣𝘢 𝘴𝘶 𝘤𝘩𝘪𝘶𝘯𝘲𝘶𝘦 𝘢𝘵𝘵𝘳𝘢𝘷𝘦𝘳𝘴𝘪 𝘭𝘢 𝘱𝘰𝘳𝘵𝘢 𝘦 𝘨𝘭𝘪 𝘴𝘵𝘳𝘪𝘻𝘻𝘢 𝘭𝘦 𝘣𝘶𝘥𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘧𝘪𝘯𝘰 𝘢 𝘵𝘰𝘨𝘭𝘪𝘦𝘳𝘨𝘭𝘪 𝘪𝘭 𝘧𝘪𝘢𝘵𝘰. […] 𝘓𝘢 𝘯𝘰𝘯𝘯𝘢 𝘯𝘰𝘯 𝘤’𝘦𝘳𝘢. 𝘕𝘰𝘯 𝘦𝘳𝘢 𝘯𝘦𝘱𝘱𝘶𝘳𝘦 𝘴𝘰𝘵𝘵𝘰 𝘪𝘭 𝘵𝘢𝘷𝘰𝘭𝘰 𝘥𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘤𝘶𝘤𝘪𝘯𝘢 𝘰 𝘯𝘦𝘭 𝘮𝘰𝘣𝘪𝘭𝘦𝘵𝘵𝘰 𝘥𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘥𝘪𝘴𝘱𝘦𝘯𝘴𝘢. 𝘏𝘰 𝘥𝘦𝘤𝘪𝘴𝘰 𝘥𝘪 𝘱𝘳𝘰𝘷𝘢𝘳𝘦 𝘥𝘪 𝘴𝘰𝘱𝘳𝘢. 𝘏𝘰 𝘢𝘱𝘦𝘳𝘵𝘰 𝘪 𝘤𝘢𝘴𝘴𝘦𝘵𝘵𝘪 𝘥𝘦𝘭 𝘤𝘰𝘮ò 𝘦 𝘭𝘦 𝘢𝘯𝘵𝘦 𝘥𝘦𝘭𝘭𝘦 𝘢𝘳𝘮𝘢𝘥𝘪𝘰, 𝘮𝘢 𝘯𝘰𝘯 𝘦𝘳𝘢 𝘯𝘦𝘱𝘱𝘶𝘳𝘦 𝘭ì. 𝘉𝘳𝘶𝘵𝘵𝘢 𝘷𝘦𝘤𝘤𝘩𝘪𝘢𝘤𝘤𝘪𝘢.

Un inizio inquietante per l’opera di esordio di Layla Martínez, una storia che colpisce fin dalle prime righe e che avviluppa in un’atmosfera cupa e disturbante che tiene avvinti fino all’ultima pagina.

Due sono le voci narranti di questa storia, una nonna e sua nipote, che si alternano nel raccontare gli eventi che, partendo dal passato, sono intrecciati in modo indissolubile col presente e con ciò che sta accadendo. La vera protagonista, però, è la casa, un ambiente tetro, vivo, dove mobili e muri respirano, scricchiolano, esprimono dissenso o favore, dove le stanze sono abitate da spettri che fanno parte ormai della quotidianità delle due donne. Una casa che, in qualche modo, non permette a nessuno di abbandonarla.

È difficile spiegare di cosa parla la Martínez, ma se state pensando a un fantasy o a un horror, vi sbagliate. È una storia che, fantasmi a parte, è fin troppo reale; una storia di odio che si trascina da una generazione all’altra, di potere e denaro, di sopraffazione, di violenza, vendetta e morte.
Difficile dire chi siano i buoni e chi i cattivi, perché a volte travalicare il confine è un attimo.

Un romanzo che mi ha catturata, il cui ritmo serrato e le atmosfere gotiche mi hanno 𝘤𝘰𝘴𝘵𝘳𝘦𝘵𝘵𝘢 a leggerlo in una volta sola, senza interruzioni. Ho apprezzato molto lo stile narrativo dell’autrice, diversificato a seconda che a parlare fosse la nipote – ritmo serrato, punteggiatura scarsa a dare la sensazione di pensieri turbolenti e tanta rabbia – oppure la nonna, più stanca, abituata ormai a tutto e in qualche modo rassegnata, ma non sconfitta.

Molto bello, un libro che consiglio a chi ama il gotico e le storie particolari. Lo trovate su Amazon.

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