La multi-intervista è un’idea nata su Instagram e si differenzia dall’intervista classica perché le domande arrivano da più persone (altri autori, lettori, semplici curiosi, ecc.). Maggiori dettagli sull’idea nel post dedicato.
Che cosa non deve mancare nella tua cassetta degli attrezzi?
Carta e penna! Scrivo sul mio quadernone rosa: la struttura del libro, le schede dei personaggi, la scaletta di ogni capitolo, le frasi che butto giù di getto. Ho anche un quaderno più piccolo da tenere in borsa per “le evenienze” e una serie di penne colorate che uso per evidenziare le parti in base alla loro importanza. Se mi mettessi davanti al computer senza un’idea già pianificata sul mio quaderno, so che potrei fare errori: come incongruenze nella storia, sviste sulle caratteristiche fisiche dei personaggi o peggio mancare le tempistiche. Per un thriller sarebbe un disastro!
Amo molto il genere thriller. Mi piacerebbe sapere se hai seguito dei corsi di scrittura creativa incentrati su questo genere ed eventualmente quali.
No, non ho seguito nessun corso di scrittura creativa. Da quando sono giovane ho divorato tantissimi libri, non solo thriller, ma anche gialli, visto che i generi sono “imparentati”. Poi seguo molto i casi di cronaca nera, generalmente quelli americani e ho letto libri di formazione tecnica sul genere, l’ultimo è stato: “Corpi del delitto. Scienze forensi e criminologia a uso di scrittori e appassionati di cronaca nera” di Michele Frisia.
Hai una sorta di “rituale creativo” prima di iniziare a scrivere?
Diciamo di sì, perché se non mi sento a mio agio, non riesco a scrivere. Quando sono a casa, devo preparare il mio adorato quadernone rosa, le mie penne, accendere il PC e tenere a portata la teiera! Scrivere è un momento di relax solo per me: mi estraneo dal mondo reale per entrare nel mio personale, fatto di personaggi immaginari, luoghi che non ho mai visitato, ma che appaiono nitidi nella mia mente.
Se dovessi recensire i tuoi libri, quali i punti di forza e quali le aree di miglioramento?
Bella domanda! Io recensisco libri di altri autori e, in tutta onestà, non riesco a essere così oggettiva con i miei. Dovrò lavorarci su, perché un occhio critico è molto importante. I punti su cui ho prestato molta attenzione e su cui ho ricevuto feedback positivi dai lettori sono: la fluidità del testo, l’originalità della trama e le descrizioni equilibrate, né troppo lunghe che rischiano di annoiare, né troppo sbrigative che non coinvolgono il lettore. Non amo i libri che non scorrono, se devo leggere una frase più volte per comprenderne il significato, mi sale il nervoso. Le storie possono essere più o meno banali, credo che l’importante sia come vengano presentate e le emozioni che trasmettono, ma preferisco, se possibile, evitare i cliché. Aree di miglioramento? La punteggiatura, che per ora mi sta correggendo l’editor/correttore di bozze, imparare a scrivere capitoli più corti e forse mescolare meno generi, perché la base dei libri è il thriller, ma nelle storie si evincono anche: il romance, l’avventura e, nel secondo libro di Gaia Parsifal, un pizzico di paranormale.
A quale tipologia di lettore credi siano maggiormente diretti?
La protagonista, Gaia, è una ragazza di 28 anni che racconta le sue vicissitudini in prima persona. Per tale motivo ero certa che il libro fosse destinato prevalentemente al genere femminile, ma con mia piacevole sorpresa è stato apprezzato anche dagli uomini, forse per le parti di suspense e avventura inseriti nella storia. Ho scritto il racconto in modo tale che potesse essere letto anche dai ragazzi, senza scene erotiche esplicite o parti macabre, ma credo che sia più indicato a un pubblico adulto, anche perché sono inseriti in modo più o meno velato riferimenti a personaggi, film e canzoni degli anni ’80 con cui sono cresciuta e che un lettore troppo giovane non può cogliere, ma che sicuramente accendono una lampadina o sbloccano un ricordo in coloro che come me, hanno circa 40 anni.
Quando scrivi un libro, è tutto già completo nella tua testa oppure la storia si crea mano a mano?
In realtà non proprio… Ho ben chiari solo l’inizio e la fine. Definisco quasi subito i punti salienti della storia, per evitare di non riuscire ad “agganciarmi al finale” e poi creo man mano che scrivo, tutto quello che c’è “nel mezzo”. Cambio idea tantissime volte! Può capitare che un personaggio, che a inizio libro aveva una certa personalità, evolva poi in maniera differente. Per questo motivo sono fondamentali le schede del personaggio: così posso correggere le incongruenze qualora decidessi di apportare certi cambiamenti. C’è chi consiglia di scrivere prima la sinossi, del libro stesso, così da avere tutto pronto sin dall’inizio. Io non lo farei mai: voglio lasciare libero spazio alle idee. Certamente una base ci deve essere, se no si rischia di perdere il filo.
Quanto è difficile scrivere un thriller che sappia anche sorprendere sul finale?
Abbastanza! Il mio segreto è: non avere fretta. Non mi metto mai una data di scadenza del libro: se l’idea è buona, la mando avanti, se rischio di cadere nella banalità, piuttosto lascio perdere. Prima o poi la strada giusta si trova, bisogna avere pazienza e trarre ispirazione da tutto ciò che ci circonda. Quando sono nella fase clou del libro, evito di leggere altre storie, per non farmi influenzare dagli altri autori.
Da dove prendi ispirazione e idee per i thriller? Come ti viene l’ispirazione?
Da una frase che ho sentito, dalla scena di un film che mi piace, da un luogo che ho visto in qualche immagine. Gaia è nata da una frase di mia cugina che, mentre trafficava con la sua trousse di trucchi, disse: “il mio kit di sopravvivenza”. Da lì ho pensato a un personaggio fashion, amante della moda, ma che poi evolve sulla base delle avventure che vive. Un altro spunto è nato dai libri di Ken Follett: lui narra diverse storie che, “magicamente”, in un punto del libro si fondono insieme. Non potendo e non volendo copiare la stessa struttura, ho pensato di costruire qualcosa di simile, ovvero creare diverse vicende che si incrociano su di un unico personaggio: la protagonista, Gaia Parsifal. Per le parti di azione, suspense e strettamente legate al genere thriller, mi ispiro molto alle storie di cronaca nera, perché purtroppo molto spesso, la realtà supera di gran lunga la fantasia!
In quale genere letterario si inscrivono le tue opere?
I primi due libri che ho scritto, che vedono come protagonista Gaia Parsifal, sono Thriller. Il terzo libro, uscita prevista per giugno, sarà un Giallo. Sono due generi legati tra loro, perché il genere Thriller deriva proprio dal Giallo. Purtroppo mi è capitato di sentire persone che associano il Thriller all’Horror, ma sono due generi completamente differenti e questa confusione credo sia dovuta dalle presentazioni fuorvianti di alcuni film alla TV. È vero che alla base del Thriller e dell’Horror ci sono sempre la tensione, la suspense e la paura, ma sono presentati e vissuti dal lettore, in maniera completamente diversa. Nel genere Thriller, le emozioni vengono generate a livello psicologico, sulla base degli eventi che creano uno stato di tensione. Nell’Horror, invece, il fattore principale è quello visivo: la paura viene sapientemente creata attraverso descrizioni e immagini. I Thriller derivano dai Gialli, perché in entrambi i casi le storie sono incentrate su un crimine commesso o subito. Piccola curiosità: il termine “Giallo” esiste solo in Italia e prende questo nome dal colore delle copertine della collana Mondadori!
Ti rivedi più nella parte forte o nella indifesa di Gaia?
Mi piacerebbe rispondere: mi rivedo solo nella parte forte di Gaia, ma non è così. Sicuramente con Gaia ho in comune la determinazione per raggiungere gli obiettivi, senza mai scendere a compromessi. Ma le debolezze sono intrinseche in ognuno di noi e, potendo vivere le stesse avventure di Gaia, credo che la mia parte “indifesa” verrebbe a galla. Nella vita quotidiana, mi sento forte, ma a volte alcune situazioni possono far traballare anche la persona più resistente che esista. Diciamo che ho una buona resilienza!
Quanto c’è di te nella protagonista, a livello caratteriale e fisico?
Onestamente ho provato a non far trapelare molto di me nel personaggio di Gaia, ma qualcosa è fluito lo stesso! Gaia ha un fisico longilineo ed esteticamente mi ricorda me alla sua età: bionda, minuta, l’unica differenza è che io non amavo e non amo essere molto appariscente. A livello caratteriale abbiamo in comune la determinazione, l’ostinazione, la voglia di far bene il nostro lavoro, senza mai scendere a compromessi! Gaia ha avuto una vita molto burrascosa e, nonostante ciò, è rimasta una persona seria, dai sani valori e con i piedi ben piantati a terra. Io non ho vissuto le sue stesse esperienze, ma credo che da un certo punto in avanti, alcune similitudini caratteriali tra me e lei, si palesano.