L’Unità di Ninni Holmqvist, Ed. Fazi

L'Unità di Ninni Holmqvist

Treccani on line: dispensabile – agg. [der. di dispensare], letter. – Che può essere dispensato, di cui cioè si può fare a meno.

Un termine apparentemente neutro, ma come vi sentireste se venisse applicato a voi? È ciò che accade a Dorrit, in un ipotetico futuro dove coloro che hanno superato i cinquant’anni – o i sessanta, se uomini – sono single, senza figli e con un reddito non adeguato, devono trasferirsi nell’Unità, una sorta di resort di lusso, dove si può ottenere ciò che si vuole senza lavorare né utilizzare denaro. Beni, servizi, ristoranti, palestre e saune, tutto è a disposizione gratuitamente. Basta essere dispensabili… Ma cosa comporta esserlo?

Non avendo generato figli né arricchito la società in altro modo, essendo non più necessari, ciò che viene chiesto è di mettersi a disposizione totalmente, di offrire cioè il proprio corpo per il benessere altrui. Donazione di organi a favore delle persone utili, assoggettamento a esperimenti di ogni tipo e spirito di sacrificio fino alla donazione finale sono ciò che caratterizza la seconda parte della vita dei dispensabili.
Una vita in apparenza ricca e felice, ma vissuta con un pensiero costante in sottofondo: quello di essere “pezzi di ricambio” per gli altri, per coloro che hanno contributo al bene comune.

Inquietante è dire poco. Un romanzo che, con uno stile asciutto e semplice e sotto una parvenza di tranquilla routine – che è forse ciò che più destabilizza – evidenzia problemi che, seppure tra le righe, sono davvero presenti nella società odierna. C’è l’essere considerati sfigati o per lo meno  strani se non si è in coppia, oppure egoisti e ancora più strani se non si desiderano figli, inutili (o dispensabili, per dirla come Holmqvist) se non si raggiunge un certo livello di reddito, come se tali elementi dovessero essere le uniche spie di benessere e felicità.

Un’ipotesi di futuro davvero angosciante, una storia che lascia il segno e fa riflettere. Disponibile su Amazon.

Il traghettatore di Justin Cronin, Ed. Fanucci

Il traghettatore di Justin Cronin

Il nostro pianeta è un sistema, abbiamo creato uno squilibrio nel sistema […] la tendenza prevalente della società umana è sempre stata quella di insozzare il nostro stesso nido. Uniamola al consolidamento della ricchezza nelle mani di pochi eletti […] e avremo la ricetta perfetta per l’inazione. Segnerà la nostra rovina.

Poche righe che danno un’idea precisa di uno dei punti cardine dell’ultimo romanzo di Cronin, che partendo dal nostro Pianeta ormai stremato, ci trasporta nell’arcipelago di Prospera, un angolo di paradiso dove la gente vive felice, soddisfatta e sempre al meglio delle proprie possibilità. Certo, ogni persona ha impiantato nel braccio un monitor che tiene sotto controllo il benessere psicofisico e, se questo dovesse scendere sotto la soglia del 10%, bisognerebbe tornare all’isola Nursery, per essere resettati fisicamente e mentalmente e ricominciare da zero la propria vita. Paradiso o inferno?

Come in qualsiasi sistema che funzioni, però, c’è bisogno anche di bassa manovalanza, di persone meno ricche, meno influenti, meno famose, che si occupino delle incombenze di tutti i giorni. Vi ricorda qualcosa?

Proctor Bennett è il traghettatore, colui che accompagna le persone ormai scariche da Prospera a Nursery. Ha una vita apparentemente serena, come tutti, ma in fondo alla coscienza qualcosa si agita. Sensazioni, ricordi, sogni… Echi di un passato che forse divergono da ciò che pensava di sapere.

Mentre i lavoratori iniziano a ribellarsi, mentre suo padre – se davvero possono essere chiamati padre e madre i genitori che vivono nell’arcipelago – gli lascia un messaggio oscuro e preoccupante, il velo comincia a cadere.

Distopico con spunti fantascientifici, azione e adrenalina, Il traghettatore è un libro che cattura fin dal prologo, per il senso di ineluttabilità che trasmette. È coinvolgente e, per certi versi, inquietante, perché i riferimenti al nostro mondo, a come viviamo e a ciò che stiamo facendo al Pianeta sono evidenti. Eppure, è anche un romanzo che parla di famiglia e di affetti, dell’importanza dei legami e della necessità di tutelare il futuro di chi verrà dopo di noi. Davvero molto bello. Lo trovate su Amazon.

Il migliore dei mondi possibili di Matteo Villa, Ed. La Gru

Il migliore dei mondi possibili di Matteo Villa

Oggi vi presento un libro breve che è stato una vera scoperta, anche se piuttosto inquietante. Non sto parlando di un horror o di strane presenze, ma di una storia le cui atmosfere mi hanno riportata a 𝟭𝟵𝟴𝟰 di Orwell e 𝗙𝗮𝗵𝗿𝗲𝗻𝗵𝗲𝗶𝘁 𝟰𝟱𝟭 di Bradbury, che poco non è.

Distopico come i suoi famosi precursori, la realtà che Matteo Villa costruisce è altrettanto ansiogena. Un solo uomo – grazie a un evoluto software che gestisce ogni aspetto della vita, a un sistema crudele di premi e punizioni che si basa sulla prevaricazione e a un 𝘳𝘪𝘮𝘰𝘥𝘦𝘭𝘭𝘢𝘮𝘦𝘯𝘵𝘰 della realtà a suo uso e consumo – riesce a dominare incontrastato su Operia, il nuovo Stato nato dopo 𝘐𝘭 𝘉𝘶𝘪𝘰.

Una sorta di dittatura anche psicologica, la totale censura di ciò che non fa comodo, la manipolazione dell’informazione e la vita dei 𝘴𝘶𝘥𝘥𝘪𝘵𝘪 controllata sotto ogni aspetto rendono cupa l’atmosfera che permea questo breve romanzo, attraverso il quale l’autore riesce a trasmettere la sua critica verso la nostra attuale società, sempre più vuota, egoista e poco attenta ai bisogni altrui.

Poco più di 100 pagine, che però lasciano il segno. Una lettura che vi consiglio davvero. Potete trovare il libro su Amazon.

Glitch di Officina Infernale, Ed. Feltrinelli Comics

Prima volta che mi approccio a un’opera di Officina Infernale, nome d’arte di Andrea Mozzato, ma credo che non sarà l’ultima, visto che questa storia che definirei psichedelica, mi ha colpita molto.

Glitch ci porta in un futuro distopico, una realtà in cui tutti vivono rinchiusi in casa ma costantemente connessi alla Rete Hypertube. I beni di prima necessità sono distribuiti tramite droni e la vita si è allungata moltissimo. Il giornalista Carlo Mayer – 86 anni ma ne dimostra 50 – è stanco di questa non vita, di una realtà in cui i nuovi idoli sono gli artisti pop in continuo ricambio, in cui non muore più nessuno perché anche l’aggressività si sfoga nella rete, per poi disconnettersi come se nulla fosse.
Sembra una bella cosa, vero? Eppure non lo è, non c’è più vita vera, non c’è interazione, non c’è nulla… Ma qualcosa sta per cambiare, poiché una serie di omicidi reali arriva a scuotere l’asettica routine.

Immagini forti, uno stile particolare e dai colori sgargianti e una storia che, tra le righe ma nemmeno tanto, critica determinati aspetti della nostra attuale società, fanno di Glitch una lettura ipnotica e particolare. L’ho davvero apprezzata perché, oltre alle scene un po’ forti e ai colori vividi, racconta molto più di quanto io possa dire in queste poche righe.

Posso solo consigliarvi di leggerlo.
Lo trovate su Amazon.

Evoluzione. I diari segreti in versione integrale di Stefano Casazza, Ed. CaRoL Books

Evoluzione, una parola che fa pensare a qualcosa di positivo, un miglioramento, di qualunque campo si tratti. In questo romanzo si parla dell’evoluzione del genere umano ma, di colpo, la parola non presenta più un’accezione così positiva!

Con un mix di fantascienza e punte di distopia, il libro di Casazza ci porta nel 2078, in una base segreta militare. Lucas, voce narrante, è un pericoloso criminale che ci racconta ciò che sta accadendo e come tutto è iniziato.

Nella base si stava cercando di sviluppare un cervelletto positronico per creare soldati più reattivi e capaci di fronteggiare ogni difficoltà.
I test sugli animali, che in un primo momento sembravano promettenti, non avevano dato gli esiti sperati e il progetto era stato interrotto. Gli scienziati che vi avevano lavorato, però, non disposti a rinunciare alla ricerca, avevano deciso di impiantare un prototipo, battezzato Achille, proprio su Lucas, arrivato lì in fin di vita. L’idea era di far uscire il progetto di nascosto dai laboratori e recuperarlo in seguito, per poi riprendere gli studi… Ma qualcosa non era andata come previsto!

Lucas viene inaspettatamente guarito dal cervelletto positronico e riesce a darsi alla fuga. L’integrazione tra lui e Achille supera ogni aspettativa e l’evoluzione del prototipo – in modi non creduti possibili dai ricercatori – inizia a diventare pericolosa.

Cosa può accadere se un’intelligenza artificiale impara a ragionare in modo autonomo? Come può una macchina interpretare e ricondurre a qualcosa di riconoscibile dai proprio sistemi i sentimenti umani, gli istinti, le emozioni? Quale può essere il risultato di un’evoluzione dove la macchina predomina sull’uomo?

La storia, sotto forma di diario, è originale e avvincente e cattura fin dalle prime pagine. I ricordi di Lucas, intervallati con quelli di Achille, permettono di assistere agli eventi da più punti di vista e mentre tutto si svela, una certa inquietudine prende piede.
Non vedo l’ora di scoprire che cosa succederà nel secondo libro, già disponibile.

Il libro è disponibile su Amazon.

I vagabondi di Chuck Wendig, Ed. Fanucci

Titolo e copertina che attirano subito l’attenzione, quarta di copertina fin troppo intrigante, commenti più che positivi e ancora epidemia apocalittica, virus misteriosi e sonnambulismo sono alcuni degli elementi che mi hanno fatto desiderare questo libro appena l’ho visto.

È stata una lettura semplice? Insomma. È una lettura che consiglio? Assolutamente sì. Se vi sembra ci sia un controsenso, lo capisco e mi spiego meglio.

I vagabondi è un romanzo impegnativo da ogni punto di vista: per il numero delle pagine (più di 800); per il tema, perché la pandemia che tutti conosciamo, qualche strascico ha lasciato; perché ci sono molti personaggi e diversi protagonisti – e vedremo ciò che succede con gli occhi di ciascuno – ma ci sono anche più orizzonti temporali e tante ambientazioni.

Una mattina, di punto in bianco, la piccola Nessie inizia una marcia inarrestabile, del tutto indifferente ai richiami di sua sorella Shana.
Lo stesso comportamento viene adottato da altre persone, che vanno avanti seguendo una direzione precisa, nota solo a loro, impermeabili a qualunque tentativo di fermarli, a qualunque stimolo esterno, indifferenti – o forse incapaci – di reagire alle lacrime e alla disperazione dei familiari.

Come sempre accade in questi casi, le reazioni sono diverse. Ci sono le persone care che cercano di fermarli, ci sono coloro che vogliono capire cosa sta accadendo per aiutarli, ci sono quelli che ne hanno paura e vogliono eliminarli… Ma giorno dopo giorno, il numero di questi strani sonnambuli aumenta.

Difficile dire di più, perché il romanzo racchiude tante vicende e tocca molti temi, parla di legami affettivi e comunità ma anche di paure irrazionali, di violenza, di politica, di religione, in un intreccio avvincente e ben scritto.

Perché ho detto che non è stata una lettura semplice? Perché, almeno per me, le 800 pagine si sono fatte sentire. La storia è notevole, l’inizio cattura e la parte finale mi è piaciuta tantissimo. La parte centrale, però, l’ho trovata un po’ prolissa. Troppi dettagli, troppe spiegazioni che – seppur utili ad arricchire la storia – l’hanno appesantita, senza apportare nulla di rilevante. Ho sofferto anche un po’ la mancanza dell’indice che, in un libro così lungo, avrebbe fatto comodo. I capitoli ci sono; l’indice no.

Lo consiglio? Sì sì sì, perché al di là di un po’ di lentezza, è un romanzo coinvolgente e pieno di sfumature, che cattura. Ah, se vi aspettate una similitudine col romanzo di S. King, L’ombra dello scorpione, come ho letto da qualche parte, resterete delusi! A parte il virus misterioso – che si trova in parecchi altri libri – io non ci ho trovato alcuna somiglianza.

Il libro è disponibile su Amazon.

Multi-intervista a Eva Battiston

La multi-intervista è un’idea nata su Instagram e si differenzia dall’intervista classica perché le domande arrivano da più persone (altri autori, lettori, semplici curiosi, ecc.). Maggiori dettagli sull’idea nel post dedicato.

Perché la scelta di affidare a un distopico tematiche così attuali e reali?

Credo che la fantascienza, la distopia in particolare, si presti bene a indagare l’attualità e le sue dinamiche. Non solo per immaginare come potrebbe essere il futuro se le cose si mettessero male, ma anche per mostrare ciò che già c’è, anche se magari non proprio sotto casa. Situazioni che potrebbero essere la nostra attualità, se alla nascita fossimo stati meno fortunati.

Quali sono i punti forti del tuo libro?

Il mio essere ipercritica e timida fa a pugni con questo genere di domande, quindi dirò ciò che hanno amato i lettori: le tematiche importanti trattate in modo da non risultare pesanti, i personaggi che ti fanno sentire parte della squadra e le scene d’azione “cinematografiche”.

Quale genere ami leggere e quale invece non sopporti?

Sono una lettrice onnivora. Amo la fantascienza e la distopia (quando hanno un po’ di “movimento”), ma in realtà leggo quasi tutto. Tendo a evitare il romance, soprattutto quando sfocia nell’erotico. E l’horror di solito mi annoia.

Da cosa trai ispirazione per le tue storie?

Un po’ da tutto, in realtà. Notizie che sento (ascolto spesso podcast) o leggo, film, scene a cui assisto… a volte perfino sogni. L’idea per una delle mie storie è nata da un videogioco.
Qualsiasi cosa può donare i frammenti, anche minuscoli, che poi andranno a comporre una storia.

Come ti è venuto in mente Onda Ribelle?

Sono passati moltissimi anni da quando ho scritto la prima bozza e la cosa buffa è che non avevo mai letto un distopico prima di quel momento. L’idea della ribellione a una dittatura è nata da Star Wars, di cui sono sempre stata grande fan. Ho capito solo anni dopo, quando l’ho ripreso in mano per riscriverlo, che rientrava nel genere distopico.

Per la scrittura, ti isoli o riesci a scrivere anche nel tram?

Anche se mi piacerebbe, non ho un mio posto in cui scrivere. Però sono cresciuta in una famiglia numerosa e sono sempre stata abituata alla confusione. Ho scritto e scrivo ovunque: in auto, in spiaggia, nel bus, al parco… c’è stato un periodo in cui scrivevo al bar dove facevo colazione in attesa che aprisse la libreria in cui lavoravo (ah, se qualcuno avesse dubbi, non è romantico come potrebbe sembrare: la gente mi guardava come se fossi un alieno).

Qual è il luogo in cui hai il massimo dell’ispirazione?

Si tende a pensare all’ispirazione come a qualcosa di magico, una specie di illuminazione che piove dall’alto e sconvolge ogni cosa. La realtà è molto diversa (almeno per me): si tratta di piccoli spunti che possono arrivare in qualsiasi momento e luogo. Poi è soprattutto lavoro di selezione e costruzione della trama.

Chi è la tua fonte d’ispirazione?

Non è una persona. Mi ispirano soprattutto le storie che ascolto, quelle che riescono ancora a sorprendermi. Un podcast super interessante, ad esempio, è “Stories” di Cecilia Sala, che ogni giorno approfondisce qualche storia dal mondo. Da lì, ad esempio, è nato il primo abbozzo di idea per una storia che attualmente è in beta-lettura.

Ti ispiri a un autore in particolare, per stile narrativo o argomento?

Non saprei fare alcun nome, anche se ho degli autori preferiti. Ammiro la capacità di costruire meccanismi precisi di Agatha Christie, ho amato la saga di Harry Potter per il worldbuilding pazzesco, adoro l’ironia di Jane Austen e le tematiche di Hunger Games.
Per quanto riguarda lo stile mi sto accostando alla narrativa trasparente (che cerca di immergere il più possibile il lettore nel protagonista), ma anche qui non ho nomi di autori da fare: studio da manuali e corsi, anche se sono sempre felice di leggere libri che si avvicinano a questo stile.

Quale autore ti ha ispirata?

Quando ho cominciato a scrivere (o meglio, scribacchiare) avevo nove anni ed ero davvero troppo piccola per ispirarmi a qualcuno. Avevo sempre un libro in mano, leggevo ovunque. Il desiderio di guardare cosa stava “dall’altra parte” è nato con molta naturalezza.

Il libro di Eva, Onda ribelle, è disponibile su Amazon.

Il ministero per il futuro di Kim Stanley Robinson, Ed. Fanucci

La calotta sull’oceano Artico si sciolse completamente alla fine dell’estate del 2032… È solo uno dei tanti passaggi – una frase semplice e dall’apparenza quasi banale – presenti nel libro, uno di quelli che colpisce come un pugno.

Romanzo di fantascienza che definirei distopico, l’autore ci porta in un ipotetico (possibile!) futuro, per mostrarci a cosa sta andando incontro il nostro pianeta a causa degli sconvolgimenti climatici.

Siamo in India, fa così caldo che inspirare di nuovo era come respirare in una fornace, manca l’energia elettrica per far funzionare i condizionatori, l’acqua del lago è più calda della temperatura corporea degli esseri umani; muoiono venti milioni di persone. I cadaveri sono ovunque, ma nessuno, nel resto del mondo, sa come dare una mano e fermare la prossima, prevista, ondata di caldo anomalo.

L’accordo firmato in precedenza da tutti i Paesi per adottare comportamenti responsabili a salvaguardia del clima non è stato rispettato e qualcuno ha iniziato a pagarne le conseguenze. Il ministero per il futuro, creato appositamente per controllare il rispetto degli accordi non sembra aver essere riuscito a svolgere il compito assegnatogli e la situazione mondiale volge al caos. L’India decide di trovare da sola a risolvere la situazione, pur non avendo l’appoggio degli altri Paesi; la direttrice del ministero, Mary Murphy, viene rapita; le proteste contro la situazione travalicano il buon senso diventando estreme, mentre gli scienziati lavorano per cercare una soluzione sempre più difficile da attuare.

Se state pensando a un libro catastrofico e basta, pura fantascienza insomma, devo dissentire; il romanzo di Kim Stanley Robinson fa solo una chiara ed estrema rappresentazione di ciò che succederà al nostro pianeta nell’arco di qualche anno. Il riscaldamento globale è sotto gli occhi di tutti, il rischio di una guerra, idem… La storia, complessa e molto impegnativa, viene raccontata da diverse voci (non tutte immediatamente riconoscibili), che spiegano come si è arrivati a questo punto, quali interessi economici e di potere sono coinvolti, quali potrebbero essere realisticamente alcune soluzioni.

Una storia impegnativa da più punti di vista, ma che coinvolge dalla prima all’ultima delle circa 550 pagine, lasciando una sensazione di urgenza e la voglia di fare qualcosa di concreto per dare una mano.

Disponibile su Amazon.

Dopo la pioggia di Chiara Mezzalama, Ed. E/O

Non so voi, ma io mi sto appassionando sempre più ai romanzi distopici; dalla descrizione, onestamente, non avevo intuito bene di cosa parlasse questo romanzo, ma ipotizzavo una storia molto più semplice e lineare. Dopo la pioggia, invece, si è rivelato un romanzo complesso e con più piani di lettura, che mi ha coinvolta davvero tanto.

La crisi tra Elena e Ettore – che sembra il tema centrale del libro – è solo la base su cui poggia tutto il resto; cos’è questo resto? L’immagine di ciò che potrebbe accadere se, nonostante i tanti avvertimenti che la natura ci ha dato, non cambieremo comportamento. Il vero filo conduttore non è tanto la storia d’amore tra i due protagonisti, bensì il racconto di ciò che sta accadendo alla Terra (e di ciò che è già accaduto), unito all’ipotetico futuro che attende il nostro pianeta.

Roma è allagata, l’intera zona si trasforma in un fiume di fango, non c’è energia elettrica, non funzionano i telefoni… Elena, Ettore e i loro figli avranno l’occasione di conoscere dei personaggi particolari e che hanno riscoperto il contatto con la natura; tutti insieme, cercheranno di sopravvivere all’alluvione. In questa drammatica situazione, infatti, fare fronte comune è l’unica soluzione.

Coinvolgente, informativo, con un ritmo incalzante e ricco di spunti di riflessione; seppur alcuni passaggi possano apparire un po’ forzati, l’ho trovato davvero bello.
Un romanzo che parla di ecologia in un modo originale. Un’autrice che non conoscevo, ma che sicuramente leggerò ancora.

Il libro è disponibile su Amazon.

Reclusione di Matteo E. Paoloni, Ed. Letteratura Alternativa

Nell’ultimo anno e mezzo, tanti sono i romanzi che hanno parlato di pandemia, trattandola da punti di vista sempre diversi. Paoloni è il primo autore che leggo, però, che ne trae spunto per dare vita a un romanzo distopico, che mescola sapientemente fantasia e realtà.

Paolo, il protagonista 34enne costretto a coabitare con la madre, decide di documentare ciò che accade e inizia a riprendere tutto col proprio smartphone.
L’uomo si muove in un mondo che ci ricorda – in modo esplicito, direi – la nostra realtà (dal lockdown alle file davanti ai supermercati, da alcuni servizi televisivi a determinati personaggi pubblici), raccontandoci gli eventi minuto per minuto.

L’alienazione che pervade il romanzo si percepisce fin dalle prime righe, in quella narrazione che inizia col giorno 672 (672!!!) e poi procede in ordine sparso, passando dal giorno 20 al 68, dal 227 al 29 e così via. Nonostante questa strana modalità, però, si riescono perfettamente a seguire le vicende descritte, alla cui base c’è sempre la reclusione, con pochi eventi particolari che permettono di distinguere un giorno dall’altro.

Lo stile di Paoloni è crudo, diretto, estremamente reale e la narrazione è arricchita da alcune immagini e da estratti tratti da Wikipedia che – oltre a spiegare i termini di volta in volta cercati – sembrano accentuare il senso di straniamento provato da Paolo. Si può quasi vederlo mettere temporaneamente via lo smartphone, interrompere la registrazione e il racconto in prima persona, per lanciare la ricerca e approfondire qualche argomento particolarmente ostico. Ho apprezzato moltissimo, ad esempio, il sottile nesso tra il giorno 240 e il successivo estratto su Wikipedia (eh no, non vi dirò di che si tratta!!), che rende il senso di alienazione sempre più forte e presente.

Una storia originale e particolare, uno stile che ho apprezzato molto, un realismo che non lascia indifferenti. Davvero una bella sorpresa.

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Disponibile su Amazon.

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