Multi-intervista a Sergio G. Toscano

La multi-intervista è un’idea nata su Instagram e si differenzia dall’intervista classica perché le domande arrivano da più persone (altri autori, lettori, semplici curiosi, ecc.). Maggiori dettagli sull’idea nel post dedicato.

Raccontaci qualcosa di te scrittore: quanti libri hai scritto? Solo per bambini?

Sergio scrittore è rimasto assopito per molti anni. Durante il lockdown, avendo una quantità di tempo libero infinito (le palestre sono rimaste chiuse per 3 mesi il primo anno e per 9 il secondo), ho ripreso a scrivere. Sono nate tante storie e molte pubblicazioni con editori indipendenti. In questi due anni ho fatto il ghostwriter, ho scritto libri per bambini e per adulti di tutti i generi e tipi. Dal topic “salute e benessere” fino a manuali di satira. “Me come te” è il primo libro che pubblico con il mio nome e cognome, e i motivi sono due. Uno è sentimentale, in quanto l’ho dedicato al mio nipotino, l’altro è perché ne sono orgoglioso!

Come mai hai deciso di scrivere un libro per bambini?

Perché sono semi da innaffiare, sono il futuro. Confido nel potere delle parole e spero che messaggi importanti possano suscitare importanti cambiamenti. I bambini sono il punto di partenza.

Dove hai preso ispirazione per il libro?

Durante il lockdown ho frequentato lo straordinario laboratorio di scrittura creativa di Elena Cangiamila e proprio durante un esercizio sulla creazione di un personaggio di fantasia è nata Riccarda, una bimba un po’ timida dai capelli color popò, diversa nel suo essere così ordinaria. Dall’esercizio ho costruito poi una storia che la stessa Elena ha editato per renderla migliore.

Ci seguiamo già da un po’ e sconoscevo che il fatto che fossi autore anche di libri per bambini. Nella tua pagina non ne parli mai e evidenzi la passione per lo sport, l’arte e la lettura ma di altro genere. È una scelta ben precisa? Cosa rimpiangi del bambino che eri e in cosa ti senti ancora bambino anche adesso che sei adulto?

Non c’è nessuna scelta. La verità è che non sono molto social. Pubblico poco e solo di recente ho spostato l’attenzione dal Sergio sporty al Sergio che ha un sacco di altri interessi. Non ho ancora pubblicato un post dove presento la mia favola, è vero. Lo farò presto! Del bambino che ero rimpiango di non aver trascorso più tempo con mio fratello Angelo. Oggi che non c’è vorrei avere più ricordi di lui e con lui. Il Sergio adulto? Dov’è? Scherzi a parte, nonostante le responsabilità e le esperienze di vita, la persona che sono oggi custodisce un bambino che guarda al mondo con curiosità, ottimismo e speranza.

Nel tuo libro è scritto che ti proponi di trasmettere tre valori: gentilezza, gratitudine e amicizia. Quale tra i tre senti un tuo punto di forza e quale invece un’area di miglioramento?

A giorni alterni li sento punti di forza un po’ tutti. La gentilezza la associo anche a una buona educazione e dei tre valori forse è quello che mi rappresenta meglio, grazie a mamma e papà. Tutti e tre sono aree su cui sento di dover migliorare. Sono un perfezionista!

Come mai hai scelto il tema della diversità sotto forma di favola?

Perché parlarne non è mai abbastanza. In un clima di odio generale verso minoranze di qualsiasi tipo e non, sento il bisogno di credere che qualcosa per migliorare il mondo si possa fare e che sia responsabilità di tutti, ognuno con i propri strumenti, attuare il cambiamento.

Quali difficoltà ci sono durante la stesura di un libro rivolto a un pubblico così giovane?

Il linguaggio che deve risultare semplice ma non banale, così come la storia o i personaggi. La semplicità diventa la sfida più grande perché bisogna raggiungerla senza cadere in cliché triti e ritriti. La struttura narrativa del racconto, inoltre, deve sottostare a delle regole ben precise. Numero di battute, di pagine, grandezza del carattere, tipo di font sono solo alcune delle accortezze di cui tenere conto quando si scrive un libro per bambini.

Di solito sono papà, maestri o altre figure a contatto con i bambini a scrivere questo tipo di libri. Tu sei uno sportivo. Da dove è nata l’idea? Ti sei ispirato a bambine di tua conoscenza?

Il personaggio buffo di Riccarda è nato durante un esercizio di scrittura creativa, la storia che le ruota intorno è inventata, frutto di immaginazione e sensibilità verso certi argomenti che mi stanno a cuore. L’ho scritta per il bimbo che più amo al mondo: mio nipote Edoardo. Lui è una delle molle che mi spinge a voler continuare a scrivere libri per bambini.

Se potessi diventare il personaggio di un libro, già scritto o ancora da scrivere, chi vorresti essere?

Lulù Delacroix, personaggio del libro omonimo di Isabella Santacroce. Lulù rappresenta il coraggio, la purezza e l’amore per la vita, nonostante tutto. Affronta un calvario infinito, in un viaggio di redenzione e accettazione simile a quello che affronta Dante nella Divina Commedia. È la protagonista di una favola dark, scritta in modo magistrale dalla Santacroce che amo, dove si affrontano tematiche importanti come la diversità e l’accettazione.

Hai altre pubblicazioni in cantiere?

Si, e molto diverse tra loro! Sto finendo di scrivere dei testi che mi hanno commissionato alcuni editori indipendenti. Ho finito una favola per bambini che spero di pubblicare entro Natale (vorrei anche illustrarla io, ma il tempo è tiranno) e sto scrivendo una serie di racconti ambientati in Sicilia, la mia terra, che trasformerò in un romanzo di satira. La protagonista sarà Concettina, un donnone con un po’ di baffetti e l’aria aggraziata. Ma la conoscerete nel 2023!

Il libro di Sergio è disponibile su Amazon.

Multi-intervista a Susanna Tagliaferro

La multi-intervista è un’idea nata su Instagram e si differenzia dall’intervista classica perché le domande arrivano da più persone (altri autori, lettori, semplici curiosi, ecc.). Maggiori dettagli sull’idea nel post dedicato.

Come ti senti quando scrivi i tuoi libri? Ho idea che sia come entrare in un altro mondo, sentirsi bambini…

Proprio così, quando scrivo mi immergo completamente nella storia ed è come fare un viaggio in un mondo magico, mi immedesimo tanto nei miei personaggi e ogni volta è un’esperienza bellissima.

Scrivere libri per ragazzi è stata una decisione commerciale, oppure è ciò che hai dentro e che ti viene naturale?

Sono stati i lettori a scegliere per me: ho notato che i miei libri piacevano molto ai ragazzi e mi sono adattata al target, quindi sì, direi che mi viene decisamente naturale e poi è bello condividere le mie storie con i miei figli.

Quando hai scoperto di essere una scrittrice? Quando è scattata la scintilla?

Difficile a dirsi perché scrivo da quando ero bambina, credo che di aver capito che era la mia strada quando ho raccolto i miei appunti e creato il mio primo vero romanzo, circa vent’anni fa.

Chi ti ha ispirata?

L’amore per la lettura sicuramente, dopo aver letto tanti fantasy sentivo il bisogno di scriverne uno mio e così è stato, ma non mi ispiro a nessuno scrittore in particolare.


Scrivendo tanti libri, riesci a vivere di questo?

Magari 🙂 poche persone al mondo vivono di scrittura, diciamo che non è esattamente remunerativo.

Qual è il libro che più ti piace tra quelli letti fino a ora?

Il signore degli anelli rimane sempre e per sempre il mio libro preferito, ma ultimamente mi sto appassionando molto alle saghe di Rick Riordan, tipo Percy jackson e Gli dei dell’Olimpo.

Puoi spiegare la differenza tra fantasy e urban fantasy? Cosa ti colpisce di questo sottogenere?

La differenza sostanziale è che l’urban-fantasy, pur mantenendo qualche elemento magico, è ambientato nel nostro mondo e volendo nel nostro tempo, questo mi permette di creare personaggi e situazioni molto comuni, in cui è facile rivedersi, ma anche di ispirarmi a fatti accaduti veramente, tipo esperienze del mio passato.

Hai mai provato a scrivere un libro di un genere diverso?

Sì, di recente ho scritto un libro di fantascienza e ora sto lavorando a un romance lgbt che stavolta sarà indirizzato a lettori più adulti, è bello cambiare ogni tanto.

I libri di Susanna sono disponibili su Amazon.

Multi-intervista a Alessandra Cristini

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Da dove hai tratto ispirazione per questo libro?

SINcera è il romanzo di un collettivo di scrittura, Fucina Okapi. L’ispirazione arriva dal quaderno delle idee di Cristiano Sormani Valli, il regista del nostro collettivo. Cristiano aveva scritto da tempo quello che è il primo capitolo del libro e lì si era fermato. Lo ha riesumato e condiviso col gruppo. Da quel momento abbiamo arricchito insieme storia e personaggi.
Ci ha subito colpito l’idea che gli dei dell’antica Grecia non abbiano più i loro poteri perché gli uomini hanno smesso di credere in loro e li hanno dimenticati. Tornare a farli esistere, ai giorni nostri e dar loro una seconda possibilità è stata una sfida troppo allettante per non coglierla!

Da dove nasce l’amore per la scrittura?

Da un’ossessione. Le idee bussano. Scrivere è aprire loro la porta e farle accomodare su una pagina. Se non apro quella porta, loro continuano insistenti a bussare. Scrivere è il solo modo per farle smettere.

È stata una collaborazione sull’intero libro oppure è stato fatto un collage? Cioè, vi hanno dato una base su cui lavorare e ognuno ha presentato la sua, oppure è stato un vero lavoro di gruppo?

L’idea di partenza, il soggetto è di Cristiano Sormani Valli. Ogni autore ha costruito la carta di identità di un paio di divinità, che poi sono diventate patrimonio del gruppo. La maggior parte dei brani sono stati scritti individualmente, altri a 4 o 6 mani. Il finale è stato scritto tutti insieme, in un’atmosfera euforica che non dimenticherò mai.
La forza di Fucina Okapi è l’equilibrio tra l’individualità di ciascuno e la partecipazione di tutti. Nel romanzo si traduce in una polifonia di stili e sensibilità diverse. Non è un caso se ha trovato posto nella collana Contaminazioni di Sabir editore.

Che ideona. Ci vuoi parlare di com’è nata?

L’idea “onesta e sincera” di un riscatto da parte degli dei dell’Olimpo è del nostro regista, Cristiano Sormani Valli.
La parte che si svolge sulla terra è la risposta che abbiamo immaginato alla domanda: cosa succederebbe se gli esseri umani fossero costretti a dire la verità?
Parte una canzone scelta dagli dei e gli uomini diventano improvvisamente sinceri. Gli esiti possono essere comici, commoventi, grotteschi, drammatici…
⚠️ Funziona solo con le playlist divine riportate alla fine del libro!

Dalla trama mi sembra di capire che possano esservi riferimenti alla realtà attuale, è vero?

Più che alla realtà attuale, alla nostra contemporaneità.
Il narcisismo di Apollo passa attraverso la videocamera del suo smartphone, le preoccupazioni ambientaliste di Demetra vengono snobbate da molti degli altri dei, Zeus è il capo autoritario che ha sempre le idee migliori (quella di tornare a comandare le sorti del mondo è di Athena ma lui la fa passare per sua…).

Come definiresti il genere del tuo romanzo?

SINcera è un romanzo specchio.
Gli dei dell’Olimpo osservano (non visti) le reazioni degli umani agli episodi di sincerità e pian piano si riconoscono in loro. Il lettore, a sua volta, incontra diverse tipologie di personaggi e in qualcuno, o più di uno, ha modo di ritrovarsi e guardarsi da fuori, con occhi sinceri e anche divertiti…

Domanda d’obbligo, la canzone che per lei riveste la verità, che lei ispira tale elemento?

Stranger in the night. Ogni volta che mi innamoro, mi parte in testa. Capisco di essere innamorata proprio dalle note di questa canzone.

Hai partecipato a quest’opera collettiva ma non hai ancora pubblicato altro. Vorrei sapere di un eventuale tuo romanzo tuo, oppure – se non è in previsione – sapere come mai.

Il romanzo scritto e finito da sola non ha trovato chi lo pubblicasse, ma preziose indicazioni da parte di alcuni editori. Prima o poi ci rimetteró mano…
Sto lavorando ad un’idea in solitaria, ma è solo al suo confuso inizio.
La dimensione della scrittura collettiva, ho scoperto, mi è più congeniale. Mi aiuta a ottimizzare il tempo, purtroppo ristretto, che riesco a dedicare alla scrittura. Metto subito alla prova ciò che scrivo, facendolo ascoltare agli altri e imparo molto dagli altri autori. È un’esperienza che consiglio a chi ha la passione di scrivere, con l’augurio di trovare compagni di viaggio come quelli che ho trovato io.

SINcera è disponibile su Amazon.

Multi-intervista a Alessandro Ladisa

La multi-intervista è un’idea nata su Instagram e si differenzia dall’intervista classica perché le domande arrivano da più persone (altri autori, lettori, semplici curiosi, ecc.). Maggiori dettagli sull’idea nel post dedicato.

Cosa significa per te scrivere?

Scrivere per me significa davvero tantissimo!
Personalmente, tendo a dividere la scrittura in due categorie: la scrittura personale e la scrittura esposta.
Con la scrittura personale, intendo proprio quella che non condividi con nessuno, che ti permette di sfogarti, ragionare, ascoltarti interiormente e chiarirti interiormente. La definirei come quel tipo di scrittura che non mente, che viene direttamente e unicamente dal profondo e senza menzogne; una specie di canale diretto con l’inconscio.
Con la scrittura esposta invece, intendo quella che vuoi raccontare agli altri, magari anche al mondo intero. Questa, ha sempre una motivazione (o meglio dire: un obiettivo) per cui viene esposta ed è proprio qui che nasce il mio libro: L’Oscurità Che Ci Unisce. La mia opera è partita in quanto tipo di scrittura personale; quindi, un testo che nessuno avrebbe mai dovuto leggere e che avrebbe contenuto il mio stato d’animo.
Tuttavia, più scrivevo questo testo e più mi rendevo conto che stava prendendo vita una storia… una storia che avrei potuto anche raccontare al mondo intero se soltanto l’avessi impostata con un genere ben preciso e che mi sta a cuore. In questo modo ho cominciato a scrivere l’intera vicenda seguendo uno stile fantasy e per la primissima volta in vita mia mi sono imbattuto in una fusione che non mi sarei mai aspettato: scrivere e pubblicare un intero libro contenente una storia fantastica, basandomi su autentiche emozioni e fattori psicologici presenti in me.
Il titolo del mio libro è tale appunto per indicare che tutto è nato con la mia condizione psicologica con il quale l’ho cominciato a scrivere: una condizione un po’ oscura, di smarrimento, ma che allo stesso tempo mi ha portato a crescere, a maturare e a chiarire tante cose nella mia vita… questo è il motivo per cui la mia opera si chiama L’Oscurità Che Ci Unisce, perché senza di essa non sarei mai arrivato dove sono ora e dove arriverò un domani, e se volete saperne di più, questo è anche il motivo per cui il mio personaggio all’interno della vicenda narrata possiede poteri legati all’energia oscura.
Per finire: scrivere per me significa anche esplorare e ampliare i propri orizzonti, provare emozioni mai provate prima, affezionarsi a ciò che scrivi: ai personaggi, agli ambienti che crei, agli eventi che scegli di far capitare.
Scrivere può anche farti sentire vivo quando il mondo intero ti crolla addosso. Amo scrivere.

Chi è il tuo autore preferito?

Sembrerò molto egocentrico con questa risposta ma in tutta onestà il mio autore preferito sono io.
Non mi reputo lo scrittore più bravo, affatto, ma il motivo per cui mi reputo il mio autore preferito è semplicemente perché ho bisogno di reputarmi tale. La strada che ho intrapreso è davvero lunga… è davvero difficile farsi notare in un mondo pieno di scrittori talentuosi e con tanto potenziale.
Il mio obiettivo è quello di farmi notare in mezzo a tutti e di riuscire a trasmettere il mio libro a quante più persone possibili, così da crearmi una reputazione ed una fama non indifferente.
Non mi interessa il potere.
Scrivere per quante più persone possibili, ecco a cosa ambisco.

Quanto ha influito nella scrittura il tuo lato oscuro?

Come già raccontavo un po’ nella prima risposta, il mio lato oscuro ha influito in modo indispensabile alla realizzazione del mio libro. Senza Esso non sarei mai stato in grado di arrivare dove sono oggi.

Tra bene e male, come i migliori fantasy. Ti ispiri a un autore in particolare?

Anche questa, come tutte, è una bellissima domanda.
Onestamente non mi ispiro ad alcuno scrittore in particolare.
Non a caso il mio metodo di scrittura non si basa sulla realizzazione di una scaletta ben precisa dove individuo i punti chiave e li collego man mano che scrivo; bensì, ogni singolo avvenimento, dettaglio, collegamento presenti all’interno del mio libro sono frutto della mia fantasia e dei miei ragionamenti che seguo nel momento stesso in cui scrivo.
Perché faccio questo? Proprio perché ci tengo a creare qualcosa di autentico, di mai visto prima, senza dovermi ispirare a nessuno in particolare ma specialmente per poter scrivere con grandissimo sentimento!
Questo è anche il motivo per cui ho impiegato ben un anno e quattro mesi a scrivere il mio libro: attendo sempre di scrivere una determinata scena nel momento in cui sono maggiormente preso emotivamente.
Ad esempio: se devo scrivere una scena di combattimento, litigio o di rabbia in generale, aspetto sempre di ritrovarmi nella realtà in una situazione tale che provo grande rabbia interiore.
Faccio lo stesso, per tutti gli altri sentimenti.

Quando hai immaginato per la prima volta di pubblicare un libro?

Immaginavo di pubblicare un libro da davvero tantissimo tempo.
È sempre stato il mio sogno sin da quando ero bambino e già dall’età infantile mi dedicavo alla scrittura.
Nella mia vita ho avuto sempre il pensiero di pubblicarne uno ma in un certo senso non mi sentivo mai pronto, come se sentissi che sarebbe arrivato il momento giusto per cominciare a farlo.
Ho fatto bene a seguire questo presentimento. Mi rendo conto che senza questa attesa non avrei avuto tempo di crescere abbastanza per esprimermi con una certa qualità.

La passione per il fantasy nasce dalle tue letture o dai film che ti hanno colpito?

La passione per il fantasy nasce proprio dalla cinematografia.
Volete sentire il paradosso più grande per uno scrittore e che fa ben parte di me?
Ecco a voi gentili lettori: odio leggere.
Amo scrivere, adoro la cinematografia con i suoi film, serie tv e tutte le animazioni immaginabili. Passo persino ore intere davanti a tali opere ma la lettura non la digerisco proprio. Le uniche riviste che leggo riguardano temi scientifici e unicamente per scopo informativo e di studio.

Sei ancora molto giovane. Cosa ti aspetti dal tuo futuro? Pensi di continuare a scrivere?

Dal mio futuro mi aspetto principalmente di inseguire la felicità e i miei sogni.
È questa la chiave di vita che scelgo di seguire.
Parlando più dal termine pratico mi piacerebbe tantissimo entrare nell’esercito e spero di riuscire a farlo il prossimo anno. È da sempre stato uno dei miei sogni più grandi.
Assolutamente sì. Sono fermamente convinto di continuare a scrivere sia per me stesso, che per tutti i miei lettori. Per me è davvero fondamentale la scrittura nella mia vita e desidero anche inseguire il sogno di diventare uno scrittore famoso.
Il primo passo infatti è proprio quello di continuare a scrivere quella che un giorno sarà la mia prima saga: L’Oscurità Che Ci Unisce che attualmente comprende già la prima edizione: Il Potere dell’Origine Pt.1, disponibile su Amazon.
Prevedo almeno tre parti di questa futura saga, di cui la seconda l’ho anche già scritta per metà.
Come potete ben vedere, sono proprio uno scrittore emergente ma ben agguerrito e determinato!

Multi-intervista a Rosalia Messina

La multi-intervista è un’idea nata su Instagram e si differenzia dall’intervista classica perché le domande arrivano da più persone (altri autori, lettori, semplici curiosi, ecc.). Maggiori dettagli sull’idea nel post dedicato.

Quanto è diverso il processo di scrittura di un romanzo rispetto alla stesura di un testo teatrale?

Quando si scrive un romanzo si hanno a disposizione, nella cassetta degli attrezzi, molti più strumenti: i dialoghi, le descrizioni, l’ambientazione. Nella scrittura teatrale c’è solo il dialogo (o addirittura il monologo), la voce nuda che ricrea il passato e illumina il presente.

Quando e come ti sei accorta che scrivere avrebbe fatto parte integrante della tua vita?

La scintilla è scoccata allorché ho frequentato la prima scuola di scrittura della mia vita (ne frequento una tuttora, perché mi piace studiare e imparare e perché non voglio che la mia natura solitaria mi porti a un’eccessiva chiusura). Era il 2005. Svolgevo con entusiasmo i miei “compiti per casa” e, racconto dopo racconto, la voglia e la gioia di raccontare storie crescevano. Quando, nel 2010, dopo diverse vicissitudini personali molto impegnative, pubblicai il mio primo libro – la raccolta di racconti “Prima dell’alba e subito dopo”, ed. Perronelab – ho sentito che avrei continuato, che ci sarebbero stati altri libri. Non sapevo che pubblicare sarebbe diventato sempre più complicato…

I temi dei tuoi libri sono molto forti, quanto c’è di personale in loro?

Penso che in tutto ciò che scrivo ci sia qualcosa di personale: è personale il mio stile, che deriva da tante cose, come le mie letture, un certo ritmo interiore, i film che ho visto; è personale il mio modo di vedere la vita, che è frutto delle mie esperienze e che in controluce si può intravedere in ogni storia. Il modo in cui i personaggi interagiscono fra loro è influenzato dalla mia visione delle relazioni interpersonali. Insomma, come dirò meglio nel rispondere alla domanda successiva, nulla di vero in senso stretto, ma molto materiale rielaborato, trasfigurato.

I tuoi libri sono tratti da storie vere?

No, anche se qualcosa delle mie esperienze finisce per infilarsi nella costruzione dei personaggi e delle trame. A volte un dialogo ascoltato per caso può far nascere l’idea di un racconto o di un romanzo. Una notizia di cronaca può indurre a riflessioni dalle quali poi germoglia una storia. Anche (e soprattutto) la scrittura poetica può nascere da impressioni e sensazioni che generano immagini. E fermare sulla carta un’immagine, un ricordo rielaborato, non vuol dire che la realtà viene travasata nella scrittura; direi che frammenti di esperienza vengono a mescolarsi con l’invenzione e, come accade in cucina, il risultato è un impasto nel quale non è più possibile distinguere un ingrediente dall’altro.

Ti è mai capitato di restare avvinghiata alla storia di un tuo libro e non riuscire a uscirne?

Non sempre, ma spesso. Ci sono storie che vengono fuori in modo abbastanza lineare. Sono concepite fin dall’inizio nel loro intero svolgimento e, quando la prima stesura è terminata, le revisioni successive possono riguardare più la forma, lo stile, che la trama.
A volte, invece, la scrittura della storia che ho in testa ha un percorso più travagliato, perché per esempio non mi soddisfa il finale, oppure non sono convinta della caratterizzazione di un personaggio. Oppure un personaggio che, nelle previsioni iniziali, avrebbe dovuto compiere certe scelte, comportarsi in un certo modo, può prendere durante la stesura una direzione diversa.
E finché non sono riuscita a mettere al loro posto le tessere del puzzle non riesco ad abbandonare la storia. Posso fare una pausa, anzi direi che è molto utile allontanarsi un momento dal microcosmo che ho creato; ma qualcosa continua a lavorarmi dentro e in definitiva resto sempre, in qualche modo, in compagnia dei personaggi. Per fortuna, dopo un certo numero di riletture e revisioni ogni cosa finisce per sembrarmi coerente.

La solitudine è tua amica?

Sì, amo il silenzio e la quiete, perché mi danno la possibilità di dedicarmi alle cose che mi appassionano. La scrittura è una di esse ed è un lavoro solitario, almeno per me. Far tacere il frastuono del mondo mi consente di ascoltare le voci interiori. Vero è che, una volta terminata la prima stesura, è necessario che un editor legga e individui i punti deboli, suggerendo come migliorare il testo; come pure, a volte, il testo definitivo può subire qualche modifica perché l’editore suggerisce di introdurre dei cambiamenti.
Ma questi interventi successivi non implicano che la scrittura diventi un lavoro collettivo.

Qual era il tuo sogno nel cassetto da bambina?

Ho immaginato di fare questo o quel lavoro, come credo accada a tutti i bambini. Medico: da piccola avevo una pediatra e volevo diventare come lei; poi, da adolescente, mi immaginavo psicologa… C’è stata una fase in cui tutto sembrava possibile: ma perché un sogno diventi progetto devono realizzarsi diverse condizioni.
Mi è sempre piaciuto scrivere, ma non pensavo che avrei pubblicato dei libri. Questa vocazione si è svegliata in età più che matura. Anche se una mia insegnante indimenticata (ero in seconda media) mi disse: “da te mi aspetto che diventi almeno una giornalista”.

Quante opere diverse!! Cosa ispira il tuo processo creativo?

A volte parto dalla trama, a volte dai personaggi. Non è facile dire da cosa nasce l’idea di un romanzo: può trattarsi di un fatto insignificante che accade nel quotidiano e del quale intravedo un possibile sviluppo narrativo. Ci rimugino, prendo appunti, finché non arrivo a una vera e propria traccia. Oppure mi colpisce una persona e, dopo averne definito con l’immaginazione la personalità, le costruisco una storia attorno.
Per me, che – pur leggendo di tutto (o quasi) non sono autrice di trame gialle o noir, non scrivo romanzi storici né fantascienza o fantasy – c’è il territorio (che può apparire ristretto e banale, mentre per me è sterminato e affascinante) delle storie di gente comune: vicende che potrebbero accadere ai nostri vicini di casa, ai nostri amici, a noi stessi. Per esempio, per “La stagione dell’angelo” l’ispirazione è nata dall’osservazione di alcune solitudini con le quali ho avuto modo di entrare in contatto durante una torrida estate trascorsa in città, a Bologna. Un contatto fatto più delle domande che mi ponevo mentre osservavo e alle quali davo risposte. Poi niente di vero, di realmente accaduto, ho inserito nelle due storie intrecciate delle protagoniste, la giovanissima e tormentata Viola e l’anziana e sofferente Elisabetta. Ma la Bologna e la Sicilia che racconto sono luoghi reali, visti dal mio personalissimo punto di vista.

Quale dei tuoi libri ami di più e quale meno? Perché?

Li amo tutti. Non riesco a stilare una graduatoria, perché ognuno di essi mi ha regalato qualcosa di speciale: l’emozione dei premi, una recensione particolarmente buona, la commozione di sentirmi dire da una sconosciuta, alla fine di una presentazione, “in questo libro c’è la mia storia, mi ci sono riconosciuta”.
Anche i libri più sofferti – quelli che ho dovuto rivedere, smontare e rimontare più volte, quelli per i quali la ricerca di un editore è stata più lunga e complessa – sono come figli amati: non conta quanto sia stata difficile la gravidanza, quanto doloroso il parto. Sono parte di me.

Grazie a tutti per le belle domande e a Maria Guidi che dà voce anche agli autori poco conosciuti.

Multi-intervista a Mariantonietta Tornello

La multi-intervista è un’idea nata su Instagram e si differenzia dall’intervista classica perché le domande arrivano da più persone (altri autori, lettori, semplici curiosi, ecc.). Maggiori dettagli sull’idea nel post dedicato.

Qual è il motivo che ti spinge a scrivere?

La scrittura per me è un’amica fedele, una terapia nei momenti meno piacevoli, ed un momento magico quando c’è da festeggiare. Ho iniziato a scrivere molto presto, scrittura introspettiva, scavavo dentro il mio animo per comprendere al meglio tutto ciò che provavo e con la penna, prolungamento di me, su di un foglio bianco lasciavo andare ogni cosa.
Lo faccio ancora, tutti i giorni! Un giorno ho deciso di scrivere qualcosa che fosse diverso dall’ introspezione, è nato Prigioniera della Mente.
Sono poi tornata all’introspezione con L’oscurità del Bianco.

Col senno di poi, aggiungeresti e/o toglieresti parti del libro?

Non credo nel senno di poi, credo che anche se tornassi indietro carica di buone intenzioni, o idee differenti, scriverei esattamente le stesse cose.
Per cui, no, non aggiungerei né toglierei nulla.

Cosa ami quando scrivi?

Grazie per la domanda, è molto bella! Quando scrivo, che sia a mano o su un computer, adoro il susseguirsi delle lettere, vedere come le parole riescono a tradurre i pensieri o a tradurre ciò che “un personaggio” del libro mi racconta.
È un qualcosa di viscerale, un momento solo mio, come una meditazione.

Quale significato ha il titolo?

Grazie per averlo chiesto. L’oscurità del Bianco non è altro che l’essere umano, in toto. Ognuno di noi ha una parte candida, quasi fanciullesca che ama mostrare ed una di cupa, oscura in cui vede e forse nasconde ciò che non accetta.
La famosa polvere nascita sotto al tappeto, per estremizzare potrebbe essere la soffitta di Dorian Gray!
Eppure, è nella parte oscura di noi che dovremmo fare un viaggio, esplorare e coglie quelle parti che non vogliamo, al fine di accogliere: sono le peculiarità di ognuno di noi che ci rendono autentici, privi di etichette. Unici!

Hai dei prestavolto per la caratterizzazione fisica dei personaggi?

In realtà no, mi è capitato di pensare spesso hai miei amici o ai mie fratelli, quindi sicuramente qualche “contaminazione” c’è. Seppure involontaria 🙂

M’incuriosisce molto il titolo, posso saperne qualcosa?

Il titolo, come dicevo prima, è un invito a guardare nella parte più oscura di noi. È lì che sono le idee più belle, è li che siamo davvero noi stessi! Autentici, fotocopie di nessuno.
È facile accettare “il candore”, ma è più bello accettare ciò che ritroviamo dietro al velo sottile: i limiti, se ben incanalati, divengono opportunità poi obbiettivi e infine possono diventare traguardi!

C’è più oscurità o più bianco in questo libro?

I personaggi del libro non combattono l’ansia sociale, il sentirsi inadeguati, la precarietà. Loro convivono con queste parti, ogni giorno. Sono persone coraggiose, con una guida, quella della nonna Rita, ma lasciano fluire ciò che sono per arrivare all’accoglienza. Quindi direi che entrambe le parti sono presenti in egual modo 🙂

Questo è il tuo primo libro? Come mai proprio un thriller? Quale messaggio vuoi trasmette?

Questo è il mio libro pubblicato da CE (letteratura alternativa edizioni), in realtà il primo libro che ho scritto si chiama Prigioniera della Mente ed è pubblicato in self published.
Non sono sicura che L’oscurità del Bianco sia un thriller in realtà, perché parte come un romanzo, poi intreccia momenti molto intimi dell’animo umano per poi arrivare al crime. Per cui, alla domanda “perché proprio un thriller” direi perché mi sono divertita a scrivere la storia che mi è stata raccontata dei personaggi!
Il messaggio del libro è molto importante, secondo me, vuole essere un esempio di perseveranza, parla di temi come la fobia sociale, la precarietà, il sentirsi inadeguati perché non si riesce a trovare il proprio posto nel mondo. Ma nessuno dei personaggi smette di provare! È un inno all’amicizia, all’amore incondizionato che i nonni ci regalano.
Ma ha una domanda: Noi siamo il frutto di ciò che abbiamo vissuto, riusciamo a vivere e a scegliere pensando solo al presente oppure il passato torna spesso a bussare alle vostre porte?

Multi-intervista a Roberta Marcaccio

La multi-intervista è un’idea nata su Instagram e si differenzia dall’intervista classica perché le domande arrivano da più persone (altri autori, lettori, semplici curiosi, ecc.). Maggiori dettagli sull’idea nel post dedicato.

Rebecca, la protagonista de “Il cactus non ha colpa” mi ha conquistata: hai pensato al suo personaggio in maniera totalmente autobiografica o c’è qualcosa in cui non ti assomiglia? C’è un lato del suo carattere che le “invidi”?

Rebecca è un personaggio inventato e come tale acquisisce alcune caratteristiche dell’autore oltre ad avere sue peculiarità personali. È difficile che l’autore non trasmetta nulla alle sue “creature”, donne o uomini che siano. Ho forzato la mano sulle priorità lavorative di Rebecca, anche se parecchi lettori hanno storto il naso. Era necessario alla storia che SoftGen e i ragazzi del suo team fossero il motivo per cui ogni giorno non vedeva l’ora di varcare la porta dell’ufficio. Le invidio la determinazione che io ho acquisito con anni di lavoro su me stessa, mentre lei l’ha sempre avuta.

Titoli molto suggestivi, li scegli tu o la casa editrice?

Grazie! Sono dell’idea che il titolo, la copertina e la quarta siano fondamentali per la scelta di un libro. Il titolo deve incuriosire a tal punto da costringere il lettore a comprarlo. Fino a ora li ho scelti io e devono avere una caratteristica ben precisa: il titolo deve essere una frase contenuta nel libro, scritta esattamente così com’è. Se non la trovo, modifico una frase fino a che non mi soddisfa. A quel punto diventa titolo.

Da dove è nata la tua passione?

Ha sonnecchiato per trent’anni. Poi un giorno ho scritto una lettera a un amico per raccontargli il mio ultimo periodo di vita. Mi sono emozionata, ho pianto e ho capito che volevo trasmettere quelle emozioni anche ad altre persone. Avevo sempre scritto per me: poesie, preghiere, diario, riflessioni. Da giovane, prima di addormentarmi, mi raccontavo le storie; immaginavo le scene, i personaggi, i loro visi e le espressioni. Era il mio modo di rilassarmi. E da ragazzina giravo con un quaderno nello zaino su cui volevo scrivere un giallo. Ero una fan di Ellery Queen e lo sono tutt’ora. Amo ancora i gialli e spero un giorno di scriverne uno.

Quanto è difficile trovare una storia originale al giorno d’oggi che è stato scritto di tutto?

Ricordo molto bene le parole di uno dei miei maestri di scrittura: Scrivi se hai una storia da raccontare. E questo per me è l’unico dogma fondamentale. Non mi preoccupo che sia originale o no e non cerco di scrivere qualcosa che non rientra nel mio genere solo perché è più commerciale e vendibile. C’è chi lo fa. Il mio desiderio è quello di consegnare al lettore una storia densa di significato. Amo leggere libri che mi facciano riflettere e cerco di fare lo stesso quando scrivo. È un po’ come per la musica. Con sette note è stato scritto di tutto. Serve altra nuova musica? Sì, eccome se serve.

Che lettrice sei? Che ritmi e abitudini hai come scrittrice?

Sono una lettrice onnivora, bipolare e spietata. Retaggio della formazione che ho ricevuto dai miei maestri. Adoro leggere più che scrivere e come lettrice sono un editor esigente e drastica: quello che leggo mi deve coinvolgere e deve essere scritto bene. Mi infastidisco davanti a una storia narrata male e scorretta grammaticalmente. E non riesco a leggere solo per piacere, ma noto tutte le stonature e le imprecisioni. Lo so sono tremenda e mi aspetto che gli altri lo facciano con me.Quando lavoro a un libro leggo tutto quello che mi può servire per la storia.Come scrittrice sono maturata molto, sia nella forma che nella gestione del lavoro. Ho un modus operandi mio, consolidato nel tempo e diventato uno stile di vita. Non riesco ancora a definirmi scrittrice, ma se lo sono, lo sono 24 ore al giorno e 365 giorni all’anno. Scrivere non è sono imbrattare un foglio di carta.

Dove prendi ispirazione per le storie? Le crei viaggiando con la mente o prendendo spunto dalla vita quotidiana?

L’idea che accende la lampadina può essere una notizia ascoltata al telegiornale, il racconto di un amico o un evento accaduto all’autore. Tra l’idea semplice di partenza e il romanzo finito c’è, in mezzo, un mestiere meticoloso e accurato che rende insignificante il “da dove nasce”. Ciò che la arricchisce è il vero lavoro di scrittura. E lo scrittore è un artigiano. Parto da quell’idea e lavoro di fantasia e ricerche fino a costruire l’embrione: un quadro composto da trama, personaggi, schede temporali, ambientazione. Detto questo le ispirazioni le prendo banalmente dalla vita, ma è il processo creativo che ne consegue a renderle originali.

Noto che sforni un libro dopo l’altro, non è che hai come insegnante Stephen King? Stai lavorando a nuovi romanzi?

Ahahah! Grazie. Sarebbe stato bellissimo, avere Stephen King come insegnante. Ho divorato il suo ON Writing e in un certo senso posso noverarlo tra i miei maestri, ma non ho la pretesa di essere come lui, tutt’altro. I miei romanzi sono il frutto di anni di lavoro. Ho iniziato a pubblicare nel 2016 con TRANNE IL COLORE DEGLI OCCHI, TI RAGGIUNGO IN PAKISTAN nel 2017, IL CACTUS NON HA COLPA e C’È POCO DA RIDERE nel 2021 e nel 2022 un dolcissimo racconto nell’antologia DOLCEZZA TRA LE RIGHE, edita da Triskell Ed. Attualmente sto lavorando a tre progetti: un woman fiction in uscita tra qualche mese per Triskell Edizioni (nome in codice: ROSA E MICHELE); una storia in seconda stesura (nome in codice: HEIDI), attualmente in mano alle mie readers – l’idea di Heidi è nata durante l’ultima vacanza in montagna; infine una storia corale molto emozionante (nome in codice: GRIMILDE), di cui non aggiungo altro.

Ho sentito alcuni scrittori che iniziano a scrivere un libro dal finale, tu come parti?

Parto dall’idea e costruisco tutto il canovaccio senza trascurare alcun dettaglio, arricchendolo di tutto il necessario. Nel canovaccio definisco la trama dettagliata e abbozzo un finale. Durante la stesura, la trama cambia, si infittisce, si colora e si arricchisce. La storia, alla fine, non è mai quella che avevo immaginato, si costruisce passo dopo passo. La caratterizzazione dei personaggi è in divenire, crescono e maturano al mio fianco, hanno una loro vita e la vogliono vivere. Il senso della storia è svelato solo dopo la parola fine. E anche il finale lo scopro mentre pigio sui tasti. Se progettassi partendo dal finale, cambierebbe sicuramente strada facendo. Poi mi è capitato di strutturare un romanzo iniziando dalla fine: il primo capitolo era la fine (quasi) della storia e dal secondo capitolo si tornava indietro per raccontarla tutta.

Quali sono gli elementi che ritieni siano stati indispensabili nella tua maturazione come scrittrice?

Gli insegnamenti di Carla e Michele, i miei maestri, a cui devo tutto. E le critiche e il confronto con altri autori; nominarli tutti sarebbe impossibile ma loro sanno chi sono. Amo approfondire le mie passioni. Ho riconosciuto le prime “schifezze” scritte e ho lavorato tanto per migliorarmi. Ho seguito i consigli, mi sono allenata, ho fatto mie alcune regole di stile diventate imprescindibili. Che non vuol dire che sono perfetta e non sbaglio, ma che mi metto in discussione ogni volta. E che li pubblichi con una casa editrice o in self, i miei romanzi non escono se non dopo un editing accurato eseguito da un professionista e da più di un parere esterno.

Multi-intervista a Mario Francesco Gastoldi

La multi-intervista è un’idea nata su Instagram e si differenzia dall’intervista classica perché le domande arrivano da più persone (altri autori, lettori, semplici curiosi, ecc.). Maggiori dettagli sull’idea nel post dedicato.

La mia recensione: Il profumo dei papaveri.

Com’è nata l’idea del tuo romanzo?

L’idea per questo romanzo è nata per caso un giorno in cui ero particolarmente malinconico e nostalgico; ho deciso di raccontare un po’ la vita di noi ragazzi del 90 e costruirci una storia.

Il titolo è venuto subito o dopo la stesura del libro?

Il titolo è arrivato praticamente subito , dopo aver scritto il primo capitolo e aver avuto subito chiara l’ambientazione.

Di questo tuo ultimo romanzo, sono nati prima i personaggi o la trama?

La trama è venuta prima , ma immediatamente sono nati tutti i personaggi .

Quando stai lavorando su un libro, riesci a staccare la spina o hai la testa sempre in lavorazione?

Mi è praticamente impossibile staccare la spina; penso e ripenso ai miei personaggi e so che in un modo o nell’altro mi stanno aspettando.

Come è iniziata la tua passione per la scrittura? A che età? O ci sei nato?

La passione per la scrittura è nata da ragazzino, quando ho iniziato a buttare su carta qualche idea e qualche poesia grezza; poi è arrivata la musica e le due passioni si sono fuse tra loro. In questi ultimi anni ho abbandonato la musica suonata per dedicarmi totalmente alla scrittura.

Premesso che non so nulla del tuo romanzo, mi riassumeresti la trama? II titolo è intrigante.

È la storia di Lorenzo, stanco musicista jazz che ricorda gli avvenimenti vissuti nell’estate del 1990 , con gli amici di sempre nel piccolo paese in cui è nato e da cui è scappato.
È un racconto dove il lettore può trovare sentimenti contrastanti, amicizia, amore adolescenziale, violenza e rinascita.

È il tuo primo romanzo? Da quanto tempo scrivi? Cosa ami leggere?

Questo è il mio secondo romanzo, pubblicato dopo Come se fosse l’ultima volta, il mio primo; adoro leggere narrativa contemporanea, dove esistono situazioni reali che ti portano a provare sentimenti veri.

Quanto secondo te è complicato essere pubblicati in Italia?

Essere pubblicati in Italia non è difficile; il difficile è essere pubblicati bene.

Cosa pensi delle scuole di scrittura? Ne hai frequentata una?

Non ho un giudizio sulle scuole di scrittura; dovrei prima provarle per esprimere un parere. Ma se danno una mano a chi vuole approcciarsi al mondo della scrittura, ben vengano.

Il titolo del tuo libro è singolare e immagino sia strettamente legato al tema narrato. Come l’hai scelto?

L’ho scelto perché mi piaceva molto come metafora, associare un fiore ad una donna, e il papavero era proprio il fiore giusto per la mia storia .

Il libro è disponibile su Amazon.

Multi-intervista a Maria Giovanna Torchia

La multi-intervista è un’idea nata su Instagram e si differenzia dall’intervista classica perché le domande arrivano da più persone (altri autori, lettori, semplici curiosi, ecc.). Maggiori dettagli sull’idea nel post dedicato.

Quale ragione in particolare, ti ha spinta a redigere il tuo libro?

Più che una ragione, una domanda mi ha spinta a scrivere questo libro. I primi mesi di pandemia sono stati particolarmente complicati e spesso mi sono chiesta: “Se la mia vita dovesse finire adesso, quale sarebbe il mio più grande rimpianto?”.
La risposta è sempre stata la stessa ovvero non aver trovato mai il tempo necessario per realizzare il sogno di scrivere un libro che mi rappresentasse a pieno.
Fatalità, nello stesso periodo la mia strada ha incrociato quella della storia di Delinda e tutto ha avuto inizio.

Quanto tempo hai impiegato per scrivere il tuo romanzo?

Ho impiegato quasi due anni, ma non è stato un processo continuativo. C’è stata un’alternanza di intensi periodi di scrittura ad interminabili pause di alcuni mesi. Basti pensare che io sia riuscita a scrivere gli ultimi quindici capitoli in due mesi mentre i primi dieci in un anno e mezzo.

Quanto è stato importante ritrovare quella parte interiore/emotiva che affidi alla protagonista?

È stato fondamentale e, al tempo stesso, complesso e faticoso. Mi sono ritrovata prigioniera di un lavoro introspettivo che mai avevo condotto nella mia vita. Credo che la parte più complicata sia stata proprio affidare la mia interiorità a Delinda, una donna vissuta in un periodo storico totalmente diverso rispetto al mio, durante il quale sicuramente le emozioni, i dolori, gli amori venivano vissuti con una consapevolezza sicuramente meno sfacciata in pubblico ma certamente con intima intensità.

È stato difficile scrivere di qualcosa che comunque ancora ci segna (proprio come il Covid)?

Per quanto riguarda la narrazione degli eventi è stata inaspettatamente poco difficoltosa, probabilmente perché mi sono limitata semplicemente a scrivere ciò che stavo vivendo in quel momento. Ciò non significa che sia stato emotivamente semplice anzi, è stato come rivivere ogni giorno una seconda volta.

Il libro nasce come una elaborazione del lutto?

Sì! Credo che ci siano diversi modi di affrontare un dolore, soprattutto quando quest’ultimo scava nel profondo bisogna cercare di attenuarlo in qualche modo e il mio “modo” è stato scrivere questo libro.

Ho letto che quest’opera nasce da un dolore vero. Avevi scritto altro, prima?

La vita è fatta di alti e bassi, di gioie e dolori. Ho sempre preferito rifugiarmi nella scrittura durante momenti bui, di introspezione. Più che a veri e propri racconti, mi sono sempre dedicata alla scrittura di brevi riflessioni.
Mi rivedo molto nella frase del caro Tenco che, alla domanda di un giornalista “Perché scrivi solo cose tristi?“, rispose “Perché quando sono felice, esco“.

Credi che l’anima rimanga dopo la morte?

Certo. Se non avessi creduto nella possibilità di rimanere in qualche modo su questa Terra, il romanzo sicuramente non sarebbe nato, proprio perché tutto parte dall’incontro tra Giulio e l’anima di sua nonna. A tal proposito, vorrei porvi io una domanda: “Come si può credere che una persona amata, cara, con la morte possa d’un tratto non esistere più? Può dissolversi nel nulla come se non avesse mai vissuto?”.

Scrivere ti ha aiutata a elaborare il lutto?

Credo che alcuni lutti ci accompagnino per tutta la vita, semplicemente il dolore legato agli stessi si trasforma, cambia, ma non scompare mai completamente. Scrivere mi ha aiutata a trasformare un dolore opprimente in un dolore sopportabile, con il quale poter convivere giorno dopo giorno.

Se il tuo romanzo fosse una canzone, quale sarebbe?

Una canzone in particolare mi ha accompagnata durante l’intero processo di scrittura, in particolare in corrispondenza della parte psicologica: “I giardini di marzo” di Lucio Battisti, con la frase “Che anno è, che giorno è”. Quella perdita del senso di orientamento, quella confusione nei confronti della vita, dei sentimenti, la stessa che ha spesso intrappolato Delinda durante diversi frangenti tortuosi della sua vita.

Che libri ami leggere? Hai preferenze di genere?

Amo leggere i grandi classici russi, inglesi e francesi. I miei preferiti sono Tolstoj e Hugo.
Preferisco i romanzi storici, adoro conoscere la storia attraverso le vicende personali di personaggi letterari.

Multi-intervista a Irene Malacarne

La multi-intervista è un’idea nata su Instagram e si differenzia dall’intervista classica perché le domande arrivano da più persone (altri autori, lettori, semplici curiosi, ecc.). Maggiori dettagli sull’idea nel post dedicato.

Da dove è nata l’idea del tuo romanzo? Qual è la prima immagine che hai avuto della protagonista?

L’idea di questo romanzo è nata dall’unione fra la dura realtà che trova rifugio nella fantasia delle nostri menti.
La prima immagine della protagonista, Will, è nata appunto da avere come perno del romanzo un’anima profonda e complessa, tormentata ma illuminata da sfumature di dolcezza. Diversa dalle solite protagoniste!

Com’è nata l’idea di questo romanzo? A cosa o chi ti sei ispirata?

L’idea di questo romanzo è nata da una immagine ferma nella mia mente.
Come un sogno a occhi aperti.
Da quel frammento ha preso forma la storia di Will e Thomas. Giorno dopo giorno.
Mi hanno ispirato particolarmente la musica, i paesaggi, e le varie sfaccettature dei sentimenti.

Da dove nasce la tua passione per gli urban fantasy?

La passione per l’urban fantasy è sbocciata nell’età adolescenziale e maturata nel tempo.

Autrici a cui ti ispiri… lo ti vedo molto vicina alla Meyer e Jacquelyn

Ringrazio per questo parere ☺️☺️
Le storie prendono forma in moda spontaneo. Non traggo ispirazione da altre autrici ma non nego di avere profonda ammirazione per autrici che seguo piacevolmente. Una di queste proprio la Meyer.

Non ho chiaro cosa sia il romance e chiedo lumi all’autrice. Grazie!

Romance.
È un genere letterario che si basa principalmente su temi di sentimenti e che coinvolgono l’animo umano sugli aspetti dell’amore.

È risaputo che per diventare scrittori bisogna essere prima di tutto lettori. Quali sono i tuoi libri preferiti? E quando scrivi, che libri leggi?

lnfatti leggo tantissimo quando posso.
Leggere è come un evasione dal mondo.
Una porta sul paradiso e per citare una famosa frase: Leggere è come vivere due volte.
Ma anche scrivere per me!
I miei libri preferiti sono:
La saga di Twilight
Prometto di perdere e i suoi sequel
Dark Shadows
Le pagine della nostra vita
I libri di letizia cherubino
E tanti altri.
Quando scrivo mi eclisso e non leggo per evitare di prendere spunti o usare parole non mie. Mi lascio ispirare dal silenzio e da quei momenti sola con me stessa.

Quanto credi nel destino? Perché l’incontro tra Will e Thomas viene definito inquietante ed intenso? Cosa c’è dietro alla scelta di questi due aggettivi?

Penso che siamo noi artefici delle nostre scelte, ma non sempre in realtà abbiamo scelta. E credo parecchio nel destino
L’incontro tra Will e Thomas viene definito intenso e inquietante proprio per l’attimo che avviene il loro incrociarsi d’anime. Come un fermo immagine.
Un attimo sospeso nel tempo.
Dietro alla scelta di questi due aggettivi c’è la voglia di comunicare quanta energia aleggia nel volersi e quanto può essere misterioso un incontro di menti.

Questo è il tuo primo romanzo. Ha avuto una genesi lunga o è stata una sorta di intuizione che ti ha spinta a scrivere di getto?

È stato scritto abbastanza velocemente,
ma ci sono voluti quasi due anni per unire tutti i pezzi. I capitoli prendevano forma giorno dopo giorno e l’ispirazione cresceva insieme ai personaggi.

Hai già in mente o stai già scrivendo il prossimo romanzo?

Ne ho in mente più di uno e il prossimo penso di pubblicarlo a breve.

Ringrazio a tutti per queste domande.
Mi sono piaciute e le ho trovate interessanti. ☺️
Spero di aver risposto in maniere esaustiva a ognuna di esse. ☺️

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