Multi-intervista a Alessia Poliandri

La multi-intervista è un’idea nata su Instagram e si differenzia dall’intervista classica perché le domande arrivano da più persone (altri autori, lettori, semplici curiosi, ecc.). Maggiori dettagli sull’idea nel post dedicato.

Molto particolare la scelta di ambientare il romanzo in un autogrill. Da dove arriva l’ispirazione? E perché proprio la scelta di una pantera come animale? Ha un significato preciso o simbolico?

L’ispirazione è arrivata una notte di capodanno quando, tornando da una serata lavorativa al piano bar, ho fatto sosta in autogrill. C’era un uomo anziano, completamente solo, ad un tavolo. Mi sono domandata per tutto il tempo perché fosse lì, temevo non avesse nessuno con cui condividere quella notte di festa. Poi è passata una delle ragazze che erano lì a lavorare e gli ha detto: “Vai a casa papà! Stai tranquillo, non mi succede niente!”. Quella scena di amore paterno mi ha colpita profondamente. Ho capito che in quel posto che per tutti è solo di passaggio, si può incontrare tanta bellissima esistenza. Basta saper osservare.
La pantera era la scelta più ovvia. Nera come la notte, maestosa, affascinante e spaventosa. Se ha un significato? Decisamente, ma dovrete scoprirlo voi!

Non conoscevo il tuo romanzo, ho letto la sinossi e sinceramente non mi ha incuriosito… Di contro, ho letto recensioni solo positive, in alcune si affianca al genere thriller, in altre al romanzo psicologico, in altre ancora si suggerisce di farlo leggere agli studenti. Cosa mi diresti di più e come lo descriveresti per invogliarmi a leggerlo?

Descriverei questa storia come un viaggio. Ci porta nelle vite di vari personaggi. Storie comuni, vicine a noi, magari, che possono farci sentire meno soli, meno incompresi. Inoltre non mancano scene più leggere e divertenti… anche grazie al contributo del gatto rosso che vive in autogrill!

Qual è il racconto, in 7 Vite, a cui sei particolarmente legata?

7VITE, il mio primo libro, è più “a colori”. Le sue storie sono variegate. Sono indecisa tra il racconto che ha per protagonista il fantasma Francis e quella di Luna che desidera incontrare le megattere (sogno che mi appartiene da sempre).

Tematica importante, quella del suicidio, come sei riuscita a scriverne? Preparazione e info.

Ho iniziato a scrivere di Filippo quasi con distacco. Non era facile empatizzare con un suicida, ma a mano a mano ho scoperto il mio pregiudizio, la mia chiusura e mancata comprensione. Così mi sono aperta, ho cercato di comprenderlo appoggiandomi al metodo Stanislavskij che avevo scandagliato nei miei studi di doppiaggio. Ho cercato si “sentire” come lui ed ho compreso quanta solitudine e silenzio ci sia attorno al tema del suicidio ancora troppo tabù. La nostra attenzione ed il nostro ascolto potrebbe fare la differenza. A fine della stesura ho ringraziato Filippo al quale adesso voglio un gran bene perché mi ha insegnato a guardare oltre la maschera.

Da cosa prendi spunto per le tue storie? Quanto c’è di reale e quanto di fantasia?

La lampadina mi si è accesa spesso con piccole cose viste nel quotidiano. Le mie storie sono spessissimo fantasia pura. Adoro inventare avventure e situazioni, ma ovviamente hanno qualcosa di me, mi assomigliano in un certo senso!

Ho letto la tua biografia. Fai tante cose: quale ti appassiona di più?

Scrivere e cantare sono le attività che mi permettono di esprimermi con maggiore libertà, ma devo un enorme grazie al disegno! Quando ero bambina e ho perso mio padre, disegnare è stato un modo per non perdere contatto con l’infanzia e con la capacità di sognare. Disegno tutt’oggi e anche le copertine dei miei romanzi sono farina del mio sacco!

Il tuo romanzo ha una trama originale. È ispirata a qualche elemento reale?

Ci sono tanti casi di animali fuggiti da circhi o zoo. Storie che incuriosiscono e spaventano allo stesso tempo. L’idea della fuga per la libertà è affascinante, ma fa riflettere. Nessuno ama le gabbie e spero che gli esseri umani si portino sempre di più verso una salvaguardia che non preveda sbarre, ma tutela… per tutti, uomini e animali.

Perché hai scelto proprio l’autogrill come teatro della vicenda?

L’autogrill è perfetto. È un palcoscenico! Un luogo unico dove far muovere tutti i personaggi come attori. Bagno e cucina a mo’ di quinte dove nasconderli e l’esterno a far da pubblico, attraverso i vetri.
Mi è sembrato la scelta ideale per il tipo di storia e di messaggio che volevo trasmettere.

Quanto credi che il caso possa favorire l’empatia?

Molto! In determinate situazioni ci scopriamo più forti o sensibili di quanto crediamo, quindi perché non provare a dare e ricevere stimoli positivo? Parlare con uno sconosciuto può risultare più facile che con un parente o un amico e delle volte può cambiare o cambiarci la giornata. Ogni occasione può diventare un viaggio… anche semplicemente dentro noi stessi.

Alessia ha pubblicato due romanzi:
– 7 vite, disponibile su Amazon,
– Oasi autogrill, disponibile sul sito dell’editore Masciulli.

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