Reclusione di Matteo E. Paoloni, Ed. Letteratura Alternativa

Nell’ultimo anno e mezzo, tanti sono i romanzi che hanno parlato di pandemia, trattandola da punti di vista sempre diversi. Paoloni è il primo autore che leggo, però, che ne trae spunto per dare vita a un romanzo distopico, che mescola sapientemente fantasia e realtà.

Paolo, il protagonista 34enne costretto a coabitare con la madre, decide di documentare ciò che accade e inizia a riprendere tutto col proprio smartphone.
L’uomo si muove in un mondo che ci ricorda – in modo esplicito, direi – la nostra realtà (dal lockdown alle file davanti ai supermercati, da alcuni servizi televisivi a determinati personaggi pubblici), raccontandoci gli eventi minuto per minuto.

L’alienazione che pervade il romanzo si percepisce fin dalle prime righe, in quella narrazione che inizia col giorno 672 (672!!!) e poi procede in ordine sparso, passando dal giorno 20 al 68, dal 227 al 29 e così via. Nonostante questa strana modalità, però, si riescono perfettamente a seguire le vicende descritte, alla cui base c’è sempre la reclusione, con pochi eventi particolari che permettono di distinguere un giorno dall’altro.

Lo stile di Paoloni è crudo, diretto, estremamente reale e la narrazione è arricchita da alcune immagini e da estratti tratti da Wikipedia che – oltre a spiegare i termini di volta in volta cercati – sembrano accentuare il senso di straniamento provato da Paolo. Si può quasi vederlo mettere temporaneamente via lo smartphone, interrompere la registrazione e il racconto in prima persona, per lanciare la ricerca e approfondire qualche argomento particolarmente ostico. Ho apprezzato moltissimo, ad esempio, il sottile nesso tra il giorno 240 e il successivo estratto su Wikipedia (eh no, non vi dirò di che si tratta!!), che rende il senso di alienazione sempre più forte e presente.

Una storia originale e particolare, uno stile che ho apprezzato molto, un realismo che non lascia indifferenti. Davvero una bella sorpresa.

Dello stesso autore:
Qui tutto è fermo

Disponibile su Amazon.

Fahrenheit 451 di Ray Bradbury, Ed. Mondadori

Dobbiamo essere tutti uguali: non tutti nati liberi e uguali, come dice la costituzione, ma tutti ‘resi’
uguali.

In un ipotetico futuro, dove tutti sono (o meglio, devono essere) uguali, Guy Montag fa il pompiere. Il suo compito, però, non è quello di spegnere gli incendi, ma di appiccarli, bruciando tutti i libri in circolazione e le case di coloro che li nascondono. I libri, infatti, portano a riflettere, a porsi delle domande, “rendono tristi” (o liberi?); al contrario, i programmi televisivi interattivi spengono il cervello, rendendo tutti felici, tranquilli e soprattutto facili da controllare.

La vita che Montag conduce lo soddisfa, è divertente bruciare le pagine che “diventano farfalle nere, guarda come sono belle“, è eccitante poter correre in auto senza limiti (se non quelli minimi!), basta solo non porsi domande, uniformarsi alla massa, abbassare sempre la testa… Ma qualcosa improvvisamente cambia…

Scritto nel 1953, Fahrenheit 451 si può considerare ormai quasi un classico, perché – al di là della trama in sé e delle perplessità che può sollevare – è un romanzo attualissimo, che ci mostra fin troppe similitudini con la realtà attuale. È difficile non fare paragoni con l’abitudine – sempre più diffusa – di appiattirsi tutti sulla stessa linea di pensiero e di seguire la massa (ormai veicolata non più solo dalla televisione, ma dagli innumerevoli social), senza riflettere con la propria testa.

Oggi i libri non vengono bruciati (per fortuna!), ma non c’è bisogno di farlo, visto l’esiguo numero dei lettori, soprattutto se confrontati con altre forme di intrattenimento. 🥺
Lettura consigliata, soprattutto per le riflessioni che stimola!

Kentuki di Samanta Schweblin, Ed. Sur

Kentuki è stato una felice sorpresa! Sto leggendo tanti bei libri ultimamente (con qualche piccola eccezione), ma tutti “normali“, passatemi il termine. Mi spiego meglio: nei thriller, tanto per fare un esempio, ci sono frequenti colpi di scena, ma mi aspetto che ci siano, quindi non mi stupisco; questo libro invece, all’apparenza
semplice e un po’ troppo fantascientifico, mi ha colpita e mi dato parecchio da riflettere!

Cosa sono questi strani pupazzi che si stanno diffondendo ovunque? Ed è meglio AVERE un Kentuki oppure ESSERE un Kentuki?
Ma soprattutto, perché dovremmo voler seguire minuto per minuto la vita di uno sconosciuto o, peggio ancora, farci seguire (o spiare?!) 24 ore su 24?

Onestamente, se si va oltre l’aspetto puramente fantastico del libro, ciò che resta è una storia realistica, attuale e persino un po’ inquietante.

La voglia di essere continuamente connessi; il desiderio di condividere col mondo che cosa stiamo facendo, dove e con chi; questa specie di tracciamento costante, un ‘grande fratello” che sa tutto di noi…. Beh, non mi sembra poi tanto lontano dalla realtà odierna!!

Bello, scorrevole e originale. Ne consiglio la lettura, soprattutto per le riflessioni che stimola.

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